OSSA P’I CANI – Bones for the dogs

crucitunnel

Quello che vedete non è un cruciverba, è un rebus. Ovvero, un cruciverba sotto forma di rebus.

La soluzione? Facile: è la traduzione cruciverbifera della nuova opera che dovrebbe costituire la nuova attrazione turistica scigghitana.
Chi? Ancora non ‘nduvinastu di cosa si tratta?
E’ la nuova frontiera scigghitana della speleologia. Beh, a dire il vero, poiché la genesi del nuovo finomeno pozzifero non è naturale, bensì provocata dall’intervento umano con trivelle, palu e picu. Con rigore etimologico dovremmo parrari di kalálogia o, più precisamenti di geotrisilogia, ovveru la scienza (non so se esista davvero) che sturìa comu fari i pozzi trivellati, sia verticali che orizzontali, (in tal casu denominati tunnel).
A chi non è abituatu alle definizioni, ai cruciverba e ai rebus, svelerò la soluzioni: staiu parrandu della realizzazioni dell’impianto che consentirà il collegamento meccanizzato tra la piazza San Rocco e Marina Grande.
Pocu menu di tri anni fa -era il febbraio 2007- avevo dato la notizia del finanziamento del progetto grazie alla Regione Calabria. La cifra di partenza era di tuttu rispettu: € 2.440.000 + € 300.000 = € 2.740.000.
Il progetto originario era tutt’altro rispetto a quello in fase di realizzazione, i cui dati salienti potete leggere qui, sul malasito.
Si è passati dalle due cabine panoramiche, con vista mozzafiato sullo Stretto di Messina e, in futuro, sul pone (se ‘u fannu) a un ascensore che porterà gli scigghitani a mare attraverso le…viscere della rocca sulle quali poggia piazza San Rocco.
La trasformazione -per non dire lo stravolgimento- dell’idea originaria è stata dettata più di ogni altra considerazione di ordine tecnico, dal fatto che -a detta della Soprintendenza- un’opera “a vista” avrebbe arrecato al paesaggio scillese un forte impatto ambientale. Accussì forti da pregiudicarne e comprometterne per sempre la bellezza.
Fu cusì sturiatu il progetto che ci ritroviamo sotto gli occhi e -tra poco- puru sutta e’ peri, quando cammineremo in piazza.
Per via della trasformazione, cioè della realizzazione del nuovo progetto, l’importo a base d’asta è stato di € 3.600.000,00 oltre IVA ( totale € 4.320.000), di cui € 3.440.000 per lavori soggetti a ribasso, € 160.000 per oneri connessi alla sicurezza non soggetti  a ribasso e come si legge nell’esito della relativa gara (del 13.7.2009, pubblicato sul B.U.R.  n° 32 Del 7 agosto 2009 -parte III), l’appalto è stato aggiudicato al Consorzio Stabile AEDARS S.c.a.r.l. da Roma, per l’importo complessivo di € 3.545.079,46 di cui € 2.794.232,88 per lavori al netto del ribasso del 18,7723%, € 160.000,00 per oneri connessi alla sicurezza non soggetti a ribasso ed € 590.846,58 per IVA al 20%.
L’incremento, rispetto alla somma originaria è perciò di circa il 47,5% ed è in massima  parte dovuto alle maggiori spese da affrontare, ove si consideri che -a occhiu- dovranno essere trivellati e smaltiti 500-600 mc. circa di materiale roccioso.
Considerato poi che l’intera opera è stata “interrata” e che per ovvi motivi non si è potuto modificare la quota d’arrivo, corrispondente a quella attuale della piazza, nel progetto si sono dovuti prevedere tutta una serie di accorgimenti tecnici (servoscala, sistemi di segnalazioni luminose ed acustiche in particolare) tali da permettere comunque la fruibilità dell’opera anche ai soggetti diversamente abili. Non saranno certo condizioni ottimali ma comunque, per stessa ammissione dei progettisti, di più non si poteva fare!

Leggendo la relazione che accompagna il progetto, viene subito evidenziato il fatto che nell’intento dei progettisti ad utilizzare la nuova opera non dovranno essere tanto i turisti quanto soprattutto gli ‘ndigini scillesi. Sono loro -cioè noi- infatti, i maggiori responsabili dell’ingolfamento della via Marina e della Statale 18, poiché si pretende di arrivare con la macchina fin quasi alla battigia!
Ebbene, scigghitani, priparativi a cangiari sunata. Spirditivi a’ machina, che potrete lasciare comodamenti parcheggiata davanti casa e mullativi a peri finu a’ piazza.
L’idea, pinsata così, non è poi tantu mali. Ci sono però dei problemi.
Conoscendo la testardaggini paisana, andrà a finiri che il Sindaco dovrà fari più di un’ordinanza per costringerci -eh sì, pirchì se non ndi costringiunu, è difficili mi ndi smuvimu- a lasciare a casa l’adorato mezzo.

Se si ribalta l’ottica però e ragioniamo dal punto di vista del turismo, la cosa assume risvolti anche comici e surreali.
Mintimu chi tra radio, giornali, tv, internet, ecc. un tedescu della più profonda tedeschìa ma anche un Pasquale Amitrano dello Scigghiu o un parmisanu o riggitanu qualsiasi venga a sapiri chi a Scilla è stato realizzatu st’ascensori. “Bellu!” -pensa ‘u  turista- “Vogghiu iari mu viru!”.
A centru ‘stati, pigghiata la machina, ‘u trenu o l’aeriu, si avventura per le lande Suddole finu a giungiri nella perla della Costa Viola. Beh, arrivare in piazza dallo svincolo è abbastanza facili, puru pi nu cinesi (per le difficoltà della lingua intendo, nient’altro): veni ‘i calata.
Arrivato in piazza San Rocco, il nostro turista ‘ccumincia a firriari tundu comu ‘n palorgiu dumandusi: “Ascensori? Ma aund’è ‘st’ascensori, ieu non viru nenti!” Gira gira, a ‘n certu puntu, avendu bisognu di vuotare la buscica dopu il lungo viaggio, va alla ricerca ri cessi ra chiazza ma…sorpresa: un cartellu gli indica chi sunnu sutta terra.
Pigghiatu l’ombrelloni, tuvagghi e seggi sdraiu, iarmatusi di cascu da minatore e bombola d’ossiginu, si addentra quindi nelle viscere della chiazza scigghitana e…sorpresa! Chi ti trova: l’ascensori! ‘U vì!
‘U pigghia, e dopo un viaggio chi dura appena 24 secondi (!) s’illude di ritrovarsi già sulla spiaggia, ittatu a panza all’aria. Invece no. Dopo esser disceso lungo un pozzo di 60 metri di profondità, non cuntentu, si dovrà sciroppari un lungo tunnel, altri 50 metri, illuminati dalle soli luci artificiali, tipu Frejus, però in leggera discesa (Ah, menu mali!). E ormai sudato chi mancu un maratoneta sutta o’ picu ru suli, là, alla fine del tunnel, il violaceo color del mare lo attende, qual meritata ricompensa di un viaggio breve sì ma leggermente angosciante, sconsigliato ai deboli di cuore.
Insomma, quanto sopra per dire semplicemente questo: un’opera sotterranea non potrà mai costituire un’attrazione turistica degna di tal nome.
Rimane dunque l’obiettivo di “miglioramento delle condizioni di vita nonché di sviluppo occupazionale” di cui si è parlato all’origine del progetto. Anche qui ci sono delle perplessità.

Rispetto all’originario progetto che prevedeva la realizzazione di due cabine esterne (praticamente una funicolare alla scigghitana, come tante ce ne sono in giro per l’italico stivale), e tre fermate, con sosta intermedia all’altezza di Piazza Matrice, in prossimità dello sbocco dell’ìattuale galleria, con l’ascensore la prevista mobilità pedonale degli scigghitani subirà un notevole handicap.
Esempio: un abitante di Chianalea ha bisogno di andare a far la spisa. Consideratu che nel suo quartiere non trova mancu ‘na putìa, deve salire a San Giorgio. Bene: pigghia l’ascensori. Per prenderlo, però, ha due possibilità: o va a piedi fino a Marina (ma se stai a’ Nunziata s’avi a fari un chilomitru) o trova qualcuno che lo accompagni con la macchina. A meno che non si tratti di qualcuno dotato di spirito d’avventura che vuol provare il brivido che solo un “viaggio al centro della terra” può dare.
E se qualcuno ha necessità di andare in farmacia. E se qualcuno vuole andare a messa? O si sottopone a un girotondo in grande o…continua a fare come ha sempre fatto, cioè come se l’ascensore non ci fosse.
Se a scendere, nci voli un coraggiu degnu  -come detto all’iniziu- del miglior geotrisilogo o comunque dei coraggiusi minatori calabrisi chi tanta sulura e sangu ittaru nelle miniere del Belgio,nell’affrontare il viaggio di ritornu la cosa ‘ddiventa ancora cchiù impegnativa.
‘Mmaginativi vui ‘na vintina di cristiani (tanta è la capienza massima), nto misi d’agostu, stivati nta cabina ‘ill’ascensore.
Se è iornu, è facili chi restunu ddhà fermi, impossibilitati a muoversi di un centimitru, pirchì letteralmenti ‘mbiddhati l’unu cu l’atru e a cortu d’ossiginu.
Se è sira, la cosa si fa schiantusa assai. Ma non mi vi fazzu schiantari, preferisco pensarla in maniera più…poetica. Il sommo poeta mi perdonerà per l’accostamento, ma pensando al caldo infernali chi troverà  ‘na coppia di amici (opuru di zziti) chi piglierannu l’ascensori in senso mare-monti, non mi vengono parole migliori di queste:

Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d’alcun riposo,
salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ‘l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.
[tratto dal  XXXIV e ultimo canto dell’Inferno]

L’efficacia pratica dell’ascensore specie se valutata non solo nel periodo estivo ma durante tutto l’anno, secondo il parere di chi scrive, rappresenta un vero e proprio rebus.
A parte il fatto che Scilla potrebbe costituire il miglior luogo per una dimostrazione di  geotrisilogia applicata e tenere così a battesimo una nuova disciplina universitaria, per il resto mi pare che abbiamo fatto come il cane con l’osso.
Sì, visto anche quello che è costato, ‘st’ascensori è comu all’ossa pi cani: per ora lo stiamo spolpando, ma una volta finutu di spruppari lo nasconderemo, sutta terra. Bisogna vedere se saremo capaci di custodirlo come un vero e proprio tesoro o se, dopo qualche tempo, dimenticheremo perfino il posto in cui l’abbiamo nascosto.

Leggiti l’articulo origginale by ‘U Nonnu