IERACARI: IL PENSIERO ORIZZONTALE E LA COSCIENZA DEGLI UOMINI

Ndi cunsulamu, ‘sta vota durau pocu.
Nella notte appena trascorsa, per 12 ore, Ieracari -il quartiere posto a Est del centro urbano di Scilla- è rimasta isolata dal resto dello Scigghio.
ieracariPer consentire l’esecuzione di alcuni lavori fognari collegati all’abbassamento della quota del viadotto autostradale “D’Angelo”, è stato necessario bloccare il transito di qualunque tipo di mezzo nel tortuoso tratto di strada che collega Ieracari al resto del paesello.

E’ circa 1 km di strada, caratterizzato da un andamento altimetrico altalenante e da tratti in curva davvero degni di un …circuito. Vi transita di tutto:pedoni, auto, motorini, pullman, ruspe, betoniere, motopale, camion, ecc…
Caratteristica principale: la lunga discesa che porta al campo sportivo. ‘Na vota era percorribile tranquillamente nei due sensi; adesso, poiché il numero degli abitanti è andato via via aumentando nel corso degli anni, in qualunque ora proviate a percorrerla, ‘sta biniritta calata potete farlo solo …a senso unico alternato.

Poiché non tutte le numerose costruzioni realizzate sono infatti dotate di garages o aree di parcheggio interne, l’unico posto dove lasciare la macchina è la stessa sede stradale.
Così, quello che una volta era nu vecchiu sinteru che correva vigni vigni, scalunati scalunati, è stato allargato di quel tanto che basta a ‘ngiuriarlu strada. A sancire pienamente il diritto di questa piccola arteria cittadina (e dicu arteria, pirchì a percorrerla tutti i santi iorna, ti pigghiunu… l’arterii) a far parte della viabilità scigghitana, qualche anno fa il Comune ha provveduto ad assegnare i numeri civici e a “battiarla”, con molta fantasia, a Via Ieracari.
Già negli anni scorsi su questo blog si erano più volte affrontati i problemi della viabilità dell’intero quartiere, sottolineando il fatto che era necessario trovare una soluzione in grado di consentire la normale vivibilità di Ieracari.

Non è un discorso che faccio per interesse diretto -poiché vi abito.
E’ una questione di sicurezza e di incolumità pubblica, cui sono intimamente legati aspetti che hanno a che fare con le responsabilità dirette delle autorità e la loro coscienza di uomini.

Grazie al cielo, siamo in Italia (o almeno così mi pare), quello che -possiamo dirlo ad alta voce- è il miglior Paese al mondo dal punto di vista della legislazione e dell’organizzazione delle strutture centrali di Protezione Civile. Il guaio è che, a fianco delle strutture centrali, vi devono essere necessariamente delle strutture locali, alle quali è direttamente demandata la programmazione degli strumenti necessari e l’attuazione pratica di tutte le misure previste a salvaguardia dell’incolumità della popolazione nel caso di emergenze particolari.

Non voglio drammatizzare, né andare sugli aspetti tecnici. Mi limito solo a ricordare che qualche anno fa il Comune di Melito Porto Salvo, in collaborazione con la facoltà di Ingegneria ha avviato una serie di esercitazioni pratiche, simulando quello che dovrebbe essere il comportamento della popolazione in caso di sisma.

L’esempio di Melito, purtroppo, è stato seguito da pochi se non da nessuno dei Comuni limitrofi, tra di essi, Scilla: quand’anche ne siano dotati, tutti gli strumenti pratico-attuativi di cui dispongono (piano comunale di protezione civile, ecc.) sono rimasti a prendere polvere dentro un cassetto.
In alcuni di questi comuni, come nello Scigghio, non vi è nemmeno un Ufficio di Protezione Civile degno di tal nome! La qualcosa è alquanto sconfortante, non a detta del sottoscritto, ma degli stessi funzionari della Prefettura (cioè l’Ufficio che dovrebbe coordinare tutti gli interventi in caso di eventi che vanno al di là della competenza comunale).
Facendu corna e tuccandu ferru, in caso di ‘n cacchi malanova, gli abitanti di Ieracari non hanno da dove scappare.

Sono più di trent’anni che gli strumenti urbanistici riportano sulle carte quello che dovrebbe essere un ulteriore collegamento stabile e diretto con il resto del paisuzzo. Bene, la sua realizzazione è rimasta monca. E’ andata a sbattere contro…lo svincolo autostradale e non si è più ripresa.
Dall’altopiano di Ieracari, per lasciare lo spazio necessario al “futuristico” e preventivato collegamento, si è limitata la fruibilità di proprietà private, (che, a onor del vero si sono  largamente “consolate” edificando volumetrie al di là di ogni limite) senza alcun beneficio per la comunità.

L’altra soluzione, è la realizzazione di un collegamento diretto che dal campo sportivo giunga alla villa comunale, attraversando il vallone dell’Annunziata.
Entrambe le soluzioni sarebbero praticabili, atteso che il tratto aereo potrebbe essere attraversato con ponti della lunghezza di poche centinaia di metri.

Nei lavori di ammodernamento dell’autostrada attualmente in corso, l’Anas non ha fatto altro che sostituire i vecchi ponti in cemento armato (la cui realizzazione è senz’altro economicamente più onerosa), con altri ponti in acciaio costituiti da moduli saldati tra loro e appoggiati ai piloni già esistenti, sui quali sono stati così modificati solo gli appoggi di vincolo della struttura.
Ebbene, il montaggio dei nuovi viadotti è avvenuto in un tempo brevissimo e la posa in opera ha richiesto poco più di un’ora.
Mi chiedo: perché non approfittare della presenza dell’Anas e dei suoi tecnici per progettare una soluzione simile tra Ieracari e il centro urbano? Considerata la breve disstanza (150-200 mt.), non sarebbe nemmeno necessario realizzare degli appoggi intermedi e il tutto (dal progetto alla messa in opera) potrebbe essere fatto in pochi mesi.

Altro problema: la viabilità interna del quartiere.
Con lo scempio attuato in questi ultimi venticinque-trent’anni, ci siamo ridotti con stradine e vicoli più stretti di quelli di Chianalea!
Sempre stando alle carte del Piano Regolatore, l’altro ramo della viabilità interna di quartiere che andrebbe a costituire una sorta di anello che circonda la parte più densamente edificata, dovrebbe essere realizzato lato Est, con vista panoramica sul… vallone dell’Oliveto. Anche qui, subentrano dei dubbi, in considerazione della particolare morfologia del terreno che, comunque, dovrà essere attentamente valutata, qualora detto tratto di viabilità dovesse essere finalmente realizzato.

Un volantino affisso in questi giorni, a ragione,  invitava gli abitanti di Ieracari a svegliarsi davanti a un’evidenza che si sta manifestando giorno dopo giorno con una gravità e una drammaticità che non possono certo lasciare indifferenti.
Non si tratta, ripeto, del “capriccio di un capoccia” per dirla alla Celentano, ma di una evidente e oggettiva necessità della collettività.

Allora, a svegliarsi non dovrebbero essere solo coloro che abitano a Ieracari, ma anche e soprattutto coloro i quali hanno la responsabilità, il dovere e la possibilità non di trovare, ma di attuare quelle soluzioni pratiche che peraltro sono in gran parte già state pianificate.
Pochi mesi fa, si è cominciato a realizzare il collegamento meccanico verticale tra San Giorgio e Marina Grande. Forse pirchì soffru nu pocu di virtigini, non mi piacciono le strutture verticali, specie quelle piramidali, preferisco ragionare più in termini orizzontali.

No, non faccio filosofia, non ne sono capace. Intendo dire che ho sempre pensato che le cose importanti devono essere partecipate e condivise il più possibile da tutti e non possono essere decise nel chiuso di qualche stanza o ancora, essere bloccate o peggio ignorate da coloro che agiscono in un’ottica esclusivamente verticale (per non dire piramidale) della vita e della società civile.
Allora, vista l’urgente necessità, dopo il collegamento verticale, perché non si comincia a pensare finalmente a un collegamento orizzontale tra Ieracari e il centro del paese?

Lo si potrebbe fare in parte con gli strumenti già a disposizione e in parte, per esempio, esaminando una volta per tutte e seriamente insieme alla comunità scillese, in un consiglio comunale aperto, quale sia la soluzione tecnicamente più attuabile, al fine di porre fine all’isolamento fisico e pratico di un quartiere, salvaguardandone nel contempo la normale vivibilità.
Ne potrebbe venir fuori un’idea definitiva da trasformare poi in un progetto di massima da presentare alla cittadinanza (così come s’è fatto per l’ascensore e altri progetti in corso) e sottoporre alle autorità provinciali e, soprattutto, regionali (che tanto interesse hanno dimostrato in questi anni verso Scilla), così da poter usufruire dei contributi necessari per la costruzione, seguendo perciò il medesimo percorso amministrativo intrapreso per il tanto decantato ascensore che, con obiettiva franchezza, non era certo tra le opere ad alta priorità di realizzazione.
Nell’attesa che qualcuno si svegli e qualcosa si (s)muova e che vengano quanto meno approntate quelle strutture comunali già previste dalla Legge  e rimaste inattuate, come ho risposto ieri a un amico, poco importa se va da Ieracari a Scilla-centro o da Scilla-centro a Ieracari: dilla comu la voi, ‘a strata sulu una è!

E davanti a questa oggettiva e incontestabile verità non si può aspettare oltre:un nuovo collegamento con Ieracari deve divenire non ‘una’ ma ‘la’ priorità.

Bisogna mettersi una mano sulla coscienza e agire, nella consapevolezza che trovare e attuare al più presto una soluzione è prima di tutto un dovere civile.
Diceva don Giussani: la civiltà non è il risultato clamoroso dell’agire, ma il frutto della coscienza che genera l’azione.

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