Nausea

Quando un libro riesce a tirarti fuori da un periodo di disarmante apatia. A La nausea di Jean-Paul Sartre riconosco questo potere. Stanco delle trame cui mi aveva abituato Simenon (Il testamento Donadieu è fermo da un mese a pagina 104), ho trovato in questo testo un eccellente compagno di lettura. Mea culpa per esserci arrivato alla tarda età di 26 anni. Del protagonista, Antonio Roquentin, mi affascina ogni aspetto. Rintanato per troppo tempo nella quotidianità ordinaria della piccola Bouville, Roquentin è alla ricerca perenne di qualcosa. Ma cosa, di preciso? Anny, che lo ha abbandonato da anni? Una vittoria concettuale sul dogmatismo umanitario dell’Autodidatta? La stesura definitiva di un’opera storica sul marchese di Rollebon? Niente di tutto ciò, in realtà. È piuttosto il vagare, il fluttuare in questa perenne sensazione di nausea, di ripudio e, al contempo, di chirurgica analisi dell’esistenza, a trascinarlo, a tenerlo in vita. Nel suo peregrinare non c’è nessun finale. È piuttosto la visione che ha del reale a permettergli, nei momenti di massimo estraniamento, di toccare la vera essenza delle cose. La nausea come stato d’essere, da cui Roquentin riesce a districarsi solo all’ascolto del motivo di un pezzo jazz, Some of these days, you’ll miss me honey (Qualcuno di questi giorni, io ti mancherò cara).

Diario
Lunedì, 29 gennaio 1932

M’è accaduto qualcosa, non posso più dubitarne. È sorta in me come una malattia, non come una certezza ordinaria, non come un’evidenza. S’è insinuata subdolamente, a poco a poco; mi son sentito un po’ strano, un po’ impacciato, ecco tutto. Una volta installata non s’è più mossa, è rimasta cheta, ed io ho potuto persuadermi che non avevo nulla, ch’era un falso allarme. Ma ecco che ora si espande.
Jean-Paul Sartre
La nausea
Einaudi
ET Scrittori
pp. 238 – 11 euro


read full article