Quando è giusta la distanza

Il grigiore del mio paese e la pioggia che, nel silenzio, si è ripresa lo spazio che le competeva in dicembre, mi hanno reso un cinefilo amatoriale del periodo natalizio. L’altro ieri un buon consiglio mi ha portato a vedere La giusta distanza di Carlo Mazzacurati (durata 106 min., 2007). Nella cittadina di Concadalbero, alle foci del Po, le vite di Hassan, meccanico tunisino, e Giovanni, cronista in erba per “Il Resto del Carlino”, assumono una fisionomia definitiva con l’arrivo di Mara, giovane e bella professoressa proveniente dalla città. Mara viene ammazzata la notte prima della sua partenza per il Brasile. Hassan, il suo amante, è il primo indiziato. In carcere non regge all’ingiustizia e si suicida. Giovanni aveva imparato a conoscerli entrambi. Con coraggio decide di andare oltre quella giusta distanza al cui rispetto lo avevo raccomandatato il direttore del suo giornale, perché solo così avrebbe potuto esercitare in maniera professionale il compito del giornalista. Giovanni indaga, scopre il carnefice e rende dignità al ricordo dei due giovani amanti. Cosa si porti con sé questo film è chiaro. Uno. Siamo un Paese lesto a puntare il dito contro il ‘diverso’. Due. Oltrepassare quella giusta distanza nella trincea dell’informazione rappresenta, oggi come ieri, un gesto spesso obbligato. Mestiere difficile quello del cronista.

Giovanni: “Mi hanno pubblicato quattro pezzi sull’edizione nazionale. Ho avuto i complimenti di tutti, tranne che dei miei compaesani. Dicono che l’ho fatto per la carriera. Se avessi mantenuto la giusta distanza, se non mi fossi fatto coinvolgere, Hassan sarebbe ancora per tutti un assassino e io non starei andando a Milano a lavorare per un giornale importante. Non ho ancora un contratto, ho affittato una stanza nel quartiere più brutto d’Italia. Ma è la mia nuova vita e comincia da qui”.


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