REPORTAGE DAL DEAFEST 2012/ 1 – Ai piedi del monte… Podargoni

Non è sempre e solo questione di “riconoscimenti”. Accanto alle bandiere blu che identificano le località turistiche balneari più belle ed alle bandiere arancioni che assegnano il marchio di qualità turistico ambientale ai piccoli comuni dell’entroterra, c’è infatti un segno distintivo molto più ambito e prestigioso che mi piace definire “stendardo del cuore”. Mi riferisco a quel riconoscimento non ufficiale che la gente comune attribuisce ad un luogo che gli resta nel cuore dopo averlo “scoperto”, un po’ come accaduto a me per Podargoni. Siamo in un piccolo centro pre-aspromontano ai piedi del monte Marrapà e sulla sponda sinistra del torrente Gallico, fortemente spopolato a seguito di una intensa emigrazione diretta in special modo verso gli Stati Uniti d’America, Canada, Francia e Belgio.

Mi ci sono ritrovata quasi per caso in un’afosa giornata di agosto e d’istinto, come direbbe il celebre scrittore-viaggiatore Claudio Magris è stato come “sentirsi nello stesso momento nell’ignoto e a casa”.

Un grumo di abitazioni, per lo più abbandonate, addossate le une alle altre e strette tra viuzze e vicoletti; sprazzi di luce estiva che fanno scintillare la vegetazione selvaggia circostante che sprigiona un fitto groviglio di aromi; pietre e sentieri che raccontano di una vita passata e di tanti piccoli legami che creano una trama unica.

Il borgo si preparava al suggestivo appuntamento annuale col DEAfest, festival della natura, della cultura e delle tradizioni nella Vallata del Gallico, e per questa ragione quel luogo, per tutto l’anno abitato da circa 30 persone, per lo più anziane, si era arricchito della presenza di tanta gente rientrata a casa per le vacanze estive ed era permeato da un formicolio continuo di azioni ed iniziative capaci di coinvolgere tutto e tutti, me inclusa!

Una settimana dopo, quindi, sfidando problemi stradali e trasportistici non indifferenti, tornavo con entusiasmo a Podargoni per partecipare attivamente agli eventi programmati: la festa patronale in onore di Maria S.S. del Bosco e le iniziative connesse al DEAfest. Aspettative decisamente non deluse e quel contesto così naturalmente carico di fascino, spiritualità e suggestione ha senza dubbio lasciato in me un segno ed un ricordo allo stesso tempo felice, rabbioso e perplesso. Felice per tutta una serie di ragioni: la magia del luogo, l’ospitalità dei suoi abitanti subito pronti ad aprire al prossimo la loro dimora ed a raccontare aneddoti e leggende, la passione e la dedizione alla propria terra evidente negli occhi di tutti dal più anziano al più giovane, i suoni, i sapori ed i colori delle notti stellate di Podargoni, talmente ipnotizzanti da far dimenticare ogni negatività “cittadina”. Inevitabilmente affiora un aspetto “rabbioso” legato al potenziale che, purtroppo, come molto spesso accade nella nostra Calabria, rimane fine a se stesso e non esplode, un po’ per difficoltà oggettive un po’ tanto per la trascuratezza delle istituzioni competenti. Resto anche perplessa dal rendermi conto che tanta gente residente a pochi chilometri di distanza disconosce un simile posto, ed anche questa è un’abitudine tipicamente calabrese da scardinare. Se solo uscissimo un po’ di più dal nostro guscio, molto spesso fatto da pregiudizi e da errate valutazioni, potremmo allargare di gran lunga i nostri orizzonti e scoprire tantissime realtà nostrane stimolanti. Podargoni è senza dubbio una di queste e lo è a tal punto che da qualche anno a questa parte è stato anche ufficialmente dichiarato “borgo medievale di particolare rilevanza storico-ambientale”. La sua “scoperta” vale pertanto molto di più di una strada impervia.