LA POLITICA: UN CAVALLO IMBIZZARRITO CHE DEVE TORNARE AD ESSERE UN’ARTE AL SERVIZIO DEL BENE COMUNE. MALAINTERVISTA CON IL DOTT. PASQUALE CRUPI

Tempo di elezioni. Il nostro Malasito sceglie, come sempre, di collocarsi in una posizione ben precisa, che non è né a destra, né a sinistra, né a centro, ma stabilmente pro Calabria, contro l’astensionismo ed a favore di tutti coloro i quali rappresentano una sana novità.

Per questa ragione ci ha incuriosito una particolare candidatura alla Camera dei Deputati, quella del Dott. Pasquale Crupi, attuale Capo di Gabinetto del Consiglio Regionale della Calabria che si è cortesemente prestato ad una simpatica e “multitasking” chiacchierata con noi.

clip_image002Gentilissimo Dottore, la prima domanda è d’obbligo. Cosa ha spinto una persona di specchiata e riconosciuta rettitudine, dimostrata in tanti anni di servizio per lo Stato e le sue istituzioni, a misurarsi direttamente con la politica, un’arte nobile che si è trasformata in un termine dispregiativo che spaventa tutti, come la peste? In breve: chi gliela fa fare?

Che la politica oggi abbia perso buona parte dell’autorevolezza che invece la distingueva in anni passati è certamente vero, i cittadini molto spesso hanno di che lamentarsi e non a torto, tuttavia vorrei riflettere su un dato. Nonostante una legge elettorale che non esito a definire pessima, e che certo non incentiva la partecipazione popolare perché nega, di fatto, la possibilità di scegliere in autonomia i candidati che più si ritengo meritevoli, i dati di partecipazione al voto, anche nelle ultime politiche, sono stati importanti. Alla fine la stragrande maggioranza degli elettori decide di recarsi alle urne. Questo perché si comprende che, con tutti i suoi problemi, la politica rimane l’unica strada per una rappresentanza democratica del popolo nelle Istituzioni. E dunque proprio perché mi sento, come avete voluto ricordare voi “persona di specchiata e riconosciuta rettitudine” ho ritenuto opportuno non tirarmi indietro rispetto ad un impegno di cui certamente capisco l’importanza. L’essere integerrimo non può diventare una ragione per disinteressarsi della politica, altrimenti la lasceremmo solo agli altri. Per fortuna molti la pensano come me e la mia esperienza di Capo di Gabinetto mi ha confermato esistono persone oneste, come il Presidente Talarico la cui attività politica ho ogni giorno sotto gli occhi, che continuano ad occuparsi della cosa pubblica col solo fine del bene comune.

Abbiamo letto di Monti che ha in mente di preparare un piano per incentivare il lavoro dei 50/60enni. Magari dopo penserà pure a dare la pensione ai 30/40enni. Senza voler entrare nella polemica politica, che l’Italia sia un po’ sottosopra lo sappiamo, ma qui si vuol far girare al contrario anche gli orologi biologici! Che faremo noi, aspettando la pensione? Continueremo a riempire le pareti della nostra stanza con l’ennesimo attestato e/o diploma e/o master? A furia di attaccare quadri, avremmo bisogno di un’altra casa, ma senza mutuo e con l’IMU da pagare…

L’età di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro in modalità stabile ha subito in questi anni un’inesorabile innalzamento. Se un tempo era possibile immaginare di trovare stabile impiego una volta terminato il percorso di studi, adesso si deve spesso passare prima da forme contrattuali così dette temporanee, stage, contratti a termine ecc. Questo stato di cose ha fatto sì che molte persone arrivino anche a cinquant’anni senza che ancora si sia definita la loro posizione lavorativa. E’ per questo che si pensa ad incentivi per persone di quella età. Una ventina di anni addietro inserendosi stabilmente nel mondo del lavoro prima, e con altre norme relative all’età pensionabile, a cinquant’anni si poteva già ragionare sull’uscita dal lavoro. Oggi è cambiato tutto. La situazione odierna è di certo insostenibile e urge di modifiche strutturali. Occorre creare le condizioni affinché i giovani possano iniziare a lavorare prima, ma non solo, occorre creare le condizioni affinché i giovani calabresi possano lavorare e vivere dignitosamente nella loro terra d’origine.

Senza voler essere irriguardosi per il suo titolo di cavaliere del lavoro (che nel suo caso i fatti dimostrano sia ampiamente meritato): ci spiega come si fa? E lo vuole spiegare soprattutto ai giovani che a questo titolo forse non arriveranno, visto e considerato che si ritrovano senza un “cavallo” da cavalcare?

Appartengo ad una generazione che si può senza dubbio definire di fortunati. Quando iniziai a lavorare le possibilità offerte dal mondo del lavoro erano enormemente superiori. Già a diciotto anni feci dieci concorsi. Ne vinsi tre. Iniziai a lavorare, per qualche mese, nella filiale di un grosso gruppo bancario. Poi optai per la scelta di far parte del mondo delle Istituzioni, cosa di cui non mi sono mai pentito, e lavorai presso il Ministero delle Finanze ed infine per il Ministero dell’Interno. Furono anni esaltanti ma anche di grande impegno e sacrificio personale. Prima in Questura a Catanzaro, poi a Vibo Valentia, ed infine alla Prefettura di Reggio. Oggi è cambiato tutto, basti pensare al blocco del turn over. Comunque il cavalierato, di cui vado fiero, è un riconoscimento solo simbolico, dato a chi si è speso per le Istituzioni. Non è certo qualcosa che ti può cambiare la vita. Personalmente non credo che ci si debba preoccupare di diventare Cavalieri del lavoro o meno. Almeno io non l’ho fatto. Mi sono solo preoccupato di svolgere con dedizione, spirito di servizio ed impegno i vari incarichi che mi venivano assegnati. Poi è arrivata anche l’onorificenza, e ne sono felice. Ma non era quello il mio obiettivo. Comunque concludo dicendo che il titolo potrebbe servirmi per addomesticare un cavallo imbizzarrito che si chiama “politica”.

In tema di contrasto alla criminalità, don Luigi Ciotti ha detto che le mafie si combattono in Parlamento, con le leggi giuste. L’Italia è, senza forse, il Paese con la più estesa legislazione in termini di lotta alla criminalità. Più che di altre leggi giuste, non sarebbe il caso di aggiustare, e applicare, le leggi che ci sono già?

Sicuramente oggi le leggi in materia sono troppe, a volte inutili; le così dette leggi manifesto. Credo che Don Ciotti non si sbagli quando investe il parlamento di centralità nella lotta alla criminalità organizzata. Rimangono ancora molte cose da fare in sede legislativa. Ad esempio, così come più volte ricordato dal giudice Gratteri, è assolutamente necessario concretizzare una legislazione unica di tutti i Paesi appartenenti alla Comunità Europea, perché il crimine organizzato oggi è una problematica internazionale, e solo con una legislazione di respiro internazionale è possibile combatterlo. Per esempio la legge nata per favorire lo scioglimento dei comuni per infiltrazione mafiosa, che ha già subito una prima modifica anche su proposta del senatore De Sena, a mio modesto avviso va rivista, prevedendo sanzioni ancora più severe verso la burocrazia, qualora venissero accertate responsabilità in tal senso. Altro esempio: attualmente si parla molto di “zona grigia”. A me il termine non piace granché perché sembra suggerire che gli esponenti della “zona grigia” non siano né bianco né nero. Né mafiosi né onesti. Invece non è così, chi si mette in affari con la mafia è mafioso, se poi è un giudice, un poliziotto, un pubblico funzionario, un politico, è ancora peggio. Perché ha giurato fedeltà allo Stato e poi ha tradito. Andrebbe punito a mio avviso ancora più duramente degli altri. Poco importa se non ha preso parte ad un rito di affiliazione. E’ doppiamente colpevole.

Lei proviene dalla Prefettura ed è stato anche segretario del Nucleo interforze delle Opere Pubbliche. Com’ è possibile che nonostante le mille modifiche al Codice degli appalti e i controlli alle certificazioni antimafia, l’esecuzione dei lavori di un’opera pubblica incontri sempre gli stessi ostacoli? Riusciranno le S.U.A -i nostri eroi!- a porre definitivamente rimedio a questa vera e propria vergogna?

E’ importante continuare a migliorare lo stato delle cose. Sarebbe grave se in tema di mafie pensassimo di fare delle leggi e poi aver risolto il problema. Le leggi, soprattutto quelle contro la criminalità organizzata, vanno studiate al meglio prima di licenziarle, ma poi vanno monitorate in fase attuativa perché le mafie cercano sempre nuovi metodi per aggirarle. Non si stancheranno mai, e noi non dobbiamo mai abbassare la guardia. Nella mia esperienza di Segretario del nucleo interforze per le grandi opere pubbliche ho avuto modo di constatare l’importanza che detto organismo ha avuto, ed ha tutt’oggi, nel determinante ruolo di prevenzione delle infiltrazioni mafiose nelle grandi opere, vedi ad esempio la Salerno-Reggio Calabria, grazie anche alle numerose inchieste nate per l’attenta attività delle forze di polizia presenti nel nucleo. Così come grande rilevanza hanno le Stazioni Uniche Appaltanti, penso ad esempio all’apporto strategico che possono dare ai piccoli Enti, come i Comuni, che essendo spesso piccole realtà locali hanno rappresentanti istituzionali (Sindaci, Assessori) più facilmente aggredibili da parte della criminalità. Dare invece la gestione degli appalti alle SUA serve ad allentare la pressione sul territorio, e di certo rende eventuali azioni di pressione illecita più complicate da attuare. Su questo argomento lancio una proposta: che ogni forza di polizia mettesse a disposizione delle Sua le risorse umane più idonee e competenti.

Lei è stato Commissario Prefettizio in diversi Comuni della Provincia reggina. Agli amici che ci seguono da Reggio -semisepolti dalla spazzatura e slalomeggianti tra le voragini apertesi nelle strade- cosa si sente di dire, a difesa anche dell’operato dei suoi "colleghi", gli attuali Commissari?

Quando un comune per qualsiasi motivo viene sciolto vuole dire che negli apparati democratici qualcosa non ha funzionato. Quindi l’arrivo dei commissari viene visto come l’occasione, non solo per risolvere alcune problematiche , ma soprattutto , anzi il più delle volte, per svelenire il clima non certo positivo che si e’ creato attorno alla comunità interessata. I commissari hanno quindi un ruolo fondamentale per il ripristino delle normali condizioni di vivibilità democratica di un ente. Certo non sempre la strada e’ agevole , anzi alcune volte ci si trova di fronte un clima di diffidenza ma nello stesso tempo anche di speranza. I commissari impegnati a Reggio Calabria, funzionari dello Stato altamente capaci, si trovano comunque a dover fronteggiare una doppia emergenza: quella che riguarda il clima eccessivamente avvelenato da dispute e contrapposizioni politiche, e l’altra relativa ad una grave situazione economico finanziaria che attanaglia il Comune. E’ chiaro che in questi primi mesi hanno lavorato per capire e organizzare la macchina burocratica e per evitare un ulteriore umiliazione quale il dissesto; sono fermamente convinto che dopo questa prima fase di conoscenza ed organizzazione sapranno restituire alla città quel giusto decoro proprio di una comunità che guarda con speranza al futuro.

Dott. Crupi, Erri De Luca -scrittore napoletano- ha scritto che l’emergenza è una condizione interiore dei tirrenici del Sud dislocati su una graticola sismica e vulcanica. E’ solo colpa dei terremoti e dei vulcani, o anche le amministrazioni pubbliche hanno le loro responsabilità visto che si ritrovano ad operare sempre nell’emergenza?

Uno dei più grandi difetti dei meridionali ed in particolare di noi calabresi e’ quello di lavorare sempre nell’emergenza. A noi manca la capacità di organizzazione e programmazione del futuro. E’ pur vero che questo stato di cose deriva anche dalla mancata attenzione da parte degli organi centrali verso il nostro territorio, visto sempre come un territorio difficile in quanto pervaso dal crimine organizzato. Oggi sono fermamente convinto che, il più delle volte, il termine ‘Ndrangheta serva a qualcuno per giustificare la propria incapacità e quella di una certa classe politica che non è riuscita a fare sentire la propria voce in un parlamento troppe volte disattento o attento a risolvere questioni personali invece che collettive.

Tra i tanti incarichi, lei ha lavorato anche nell’Ufficio di Polizia Amministrativa. In vari Enti (Comuni, ASP, ecc.), non si è in grado di ricostruire i bilanci. Non crede che ci vorrebbe pure un Ufficio di "Pulizia Amministrativa"?

Credo personalmente che le generalizzazioni siano sempre sbagliate e soprattutto pericolose. Nei pubblici uffici ci sono molti funzionari seri e competenti. Certo non lo sono tutti, e a volte si creano situazioni incresciose. Ma occorre fare i dovuti distinguo. Nel caso di rappresentanti delle istituzioni che abusano del loro ruolo la responsabilità va afferita a loro come individui e non alle Istituzione che rappresentano. Bisogna dunque distinguere la persona dal ruolo che riveste. Non dobbiamo assolutamente creare un clima “poliziesco” perche‘ questo appartiene ad altre culture che fortunatamente non sono le nostre.

Lei è stato responsabile dello sportello unico dell’immigrazione. Da più parti emerge chiara la necessità per la nostra agricoltura di avere a disposizione manodopera qualificata per il recupero e la ripresa di determinate coltivazioni (vigneti, agrumeti, ecc.). E’ possibile fare in modo che l’immigrazione (specie quella dai paesi africani) possa essere fatta con un criterio logico e in maniera tale da farne trarre vantaggio sia all’Italia che ai Paesi di provenienza degli immigrati? In breve: se mi servono 10 operai posso chiederli a Tunisi? E in cambio, potrò andare a Tunisi a insegnare come si coltivano le vigne e gli agrumeti?

L’importanza dell’apporto dei lavoratori immigrati alla nostra economia è senza dubbio di grande rilevanza ed anche se oggi la crisi ha creato problemi anche in questo senso alla filiera produttiva, è ancora vero che gli immigrati svolgono ruoli fondamentali e molto delicati all’interno del sistema produttivo. Penso ad esempio il delicato ruolo svolto dalle badanti. E proprio per queste ragioni questi lavoratori andrebbero maggiormente tutelati. La mia esperienza allo Sportello Unico mi ha fatto capire che spesso, essendo soggetti con meno diritti e quindi “deboli” c’è sempre qualcuno che cerca di sfruttarli.

In questi giorni si parla della probabile chiusura del Commissariato di Rosarno, a causa della spending review. L’operazione consentirà di risparmiare circa € 80.000 l’anno. Secondo lei, che conosce bene Reggio, la sua provincia e tutte le difficoltà legate alla sicurezza pubblica del territorio, non sarebbe stato meglio chiudere un Commissariato in provincia di Aosta o di Bolzano?

Personalmente credo, da cittadino e uomo delle Istituzioni, che i presidi di legalità non andrebbero mai chiusi da nessuna parte. E quando ragiono in termini di presidi di legalità ragiono a 360 gradi, intendendo i tribunali, gli istituti penitenziari che vanno intesi non solo come strutture detentive ma soprattutto come strutture riabilitative. A tal proposito saluto con grande soddisfazione la prossima riapertura del “Luigi Daga” di Laureana di Borrello, struttura retta fino a poco tempo addietro da un uomo delle Istituzioni come il Dott. Quattrone, che ha trasformato l’Istituto in un certo di eccellenza dal punto di vista rieducativo. Per quanto riguarda nello specifico la situazione di Rosarno credo che in zone a rischio l’attenzione debba essere ancora maggiore, e a Rosarno il reparto anticrimine si è distinto in meritorie attività di controllo e prevenzione e per tanto mi auguro che il dipartimento di Pubblica sicurezza riveda tale decisione.

In questa campagna elettorale in cui tutti promettono di restituire qualcosa, Lei, che come persona e pubblico ufficiale ha già dato tanto alla Calabria, cosa invece vorrebbe che la Calabria restituisse a se stessa?

Vorrei che la Calabria restituisse a se stessa ciò che in questi ultimi anni le è stato tolto anzi strappato con violenza, cioè la speranza. La speranza di continuare a vivere e far lavorare i nostri giovani nella nostra amata terra.

Sempre De Luca, da napoletano emigrato e poi tornato "in Patria", ha scritto: "Si è stranieri sul posto, proprio dove si è nati. Solo lì è possibile sapere che non esiste terra di ritorno". Alla fine di questa nostra chiacchierata, cosa direbbe ad un giovane calabrese per convincerlo a restare ed a non farlo sentire "straniero" sul suolo natio? Soprattutto siamo curiosi di capire, tra giovani che se ne vanno e giovani che restano, quali preferisce e cosa consiglierebbe ad entrambi sia come politico che come uomo.

Ricordo sempre come ritornello questa frase: nemo propheta in patria (sua). Non ne sono convinto. Ritengo che nelle difficoltà vengono fuori gli uomini e le proprie capacità. E’ più facile affermarsi fuori dalla nostra realtà, ma penso che riuscire a raggiungere risultati positivi nella propria e per la propria terra non abbia eguali. Per questo invito tutti i giovani calabresi ad impegnarsi a rimanere; perché ritengo che qui si possano creare le condizioni e ci siano le intelligenze per ridare dignità e sviluppo alla nostra Calabria. Alla politica, quindi in questo momento anche a me stesso, ricordo ciò che Aristotele disse ad un giovane che era interessato a fare politica: “Se vuoi impegnarti nell’attività politica devi avere un concetto ben chiaro cioè quello che fare politica vuol dire fare gli interessi della comunità senza pensare ai propri” .

Ringraziamo il Dott. Crupi per il tempo e l’attenzione che ci ha dedicato.