SUD ALTROVE: VIAGGIO INTROSPETTIVO NELL’INTIMO DELLA NATURA DEI CALABRESI SPARSI IN OGNIDDOVE

Sud Altrove è una scommessa sulle relazioni” (Denise Celentano).
Questa definizione descrive l’essenza del progetto nato da un’idea dei ragazzi di LiberaReggio LAB, sviluppata in collaborazione con
Terrearse.it e cofinanziato dall’Agenzia Nazionale per i Giovani.
Il progetto descrive in modi molteplici (interviste, sondaggi, riflessioni, indagini via internet e filmati video) il complesso intreccio di relazioni che lega il Meridione d’Italia e la Calabria in particolare, con quel Sud che è Altrove, cioè disseminato in altre regioni d’Italia o nel resto del mondo.
Una moltitudine di persone che, pur vivendo lontane migliaia di chilometri dai luoghi d’origine calabri, sentono ancora forte con la loro terra -anche quando, a parole, dicono che in Calabria non intendono tornare.
Nel libro che racchiude il riassunto del progetto, si analizza l’avviluppata matassa di ragioni che hanno spinto e spingono migliaia di calabresi lontano da qui. Lo si è fatto ripercorrendo la Storia che, oggettivamente “non è stata clemente con la Calabria e ci ha macchiato con un ingiustificato senso di inferiorità che ormai sembra genetico” (Letizia Cuzzola).
Si sono analizzati i flussi migratori unidirezionali Sud-Nord, ben sapendo che le responsabilità principali sono da ricercare “in una visione politica volta a mantenere un dislivello di sviluppo economico tra nord e sud”, perché “un piccolo nord ricco ha bisogno per esistere di un grande sud povero.” (Nicola Casile).
Ma nell’analisi dei dati non ci si è certo fermati ad autocommiserarsi o a dar sfogo al “solito” vittimismo meridionale.
Al contrario, si è operata una sorta di introspezione nell’intimo della natura dei calabresi, per capire soprattutto quali sono stati gli errori che anche noi meridionali abbiamo commesso in 150 anni di formale unità d’Italia, ben consapevoli che “senza l’ammissione delle proprie responsabilità e dei propri limiti, il sud non potrà mai disporre degli strumenti per riscattarsi e cercare un proprio ruolo” (Nicola Casile).

Non entro qui nelle cifre, nei numeri e nei dettagli. Vi invito anzi caldamente a prenderne visione diretta, scaricando la pubblicazione a questo LINK. Voglio invece condividere due riflessioni scaturite dalla lettura del libro.

Durante la lettura, ho visualizzato la Calabria come una spugna. Una spugna che dopo aver assorbito le basi della civiltà e numerose culture diverse nel corso dei secoli, sia direttamente che per influenze dirette dei popoli ad essa vicina (prima con i Greci, poi con i Romani e poi ancora: Normanni, Francesi, Spagnoli, Arabi, Turchi), dopo essere giunta alla saturazione, quasi perché obbligata da un naturale fenomeno fisico (agevolato e catalizzato dalle scelte politiche ed economiche di cui si diceva prima), si è sentita in dovere di rilasciare al suo esterno tutto quel sapere, la cultura e la civiltà che hanno costituito il suo patrimonio passato, come a voler saldare un debito di riconoscenza.
E questo eccesso di generosità, ha fatto della Calabria una spugna spremuta, che ha urgente bisogno di rigenerarsi, di essere di nuovo “inzuppata” di sapere, di cultura, di civiltà.
Ma stavolta, per la sua stessa sopravvivenza futura, non può permettersi di essere così generosa come nel passato-presente; deve riservare per sé una buona parte delle proprie forze e delle proprie energie (civili, manuali, intellettuali). Deve farlo, se vuole recuperare il terreno perduto e rimettersi al passo con un mondo che, nonostante tutto, continua a girare.

Condizione essenziale perché questo avvenga, è che i propri giovani non solo abbiano la possibilità di continuare a formarsi sul nostro territorio, ma che abbiano la possibilità di mettere in pratica qui la loro formazione e, cosa ancora più importante, che abbiano la possibilità di condividere da qui il loro sapere, divenendo da qui un punto di riferimento nazionale e internazionale, in grado di attrarre contributi provenienti da altre parti d’Italia, d’Europa e del mondo.

cartina-italia girataMi è venuta in mente l’immagine di un’Italia ruotata di 90°, a sviluppo orizzontale, come gli Stati Uniti, dove Milano era la nostra New York, Torino la nostra Boston e, dalla parte opposta, la Calabria prendeva il posto della California, mentre la Sicilia era le Hawaii.
La cosa che mi ha sempre colpito degli Stati Uniti -ma che avviene normalmente anche in altri Paesi d’Europa- è l’estrema mobilità della sua popolazione, che si sposta tra Stati che, tra l’altro, non hanno nemmeno le stesse Leggi.
Un ragazzo di New York, finito il liceo, può benissimo andare a studiare a Chicago o in California e viceversa. E, una volta terminati gli studi, potrà decidere tranquillamente di lavorare lì dove ha studiato o tornare a lavorare nella sua città, nel suo Stato.
E’ lampante che a differenza degli Stati Uniti, l’Italia non ha mai saputo realizzare uno scambio interculturale integrato tra le sue Regioni. O comunque, non si è mai realizzato pienamente. Il flusso studio-lavoro è stato sempre a senso unico: Sud-Nord.
A fronte delle migliaia di calabresi andati a studiare e poi a lavorare fuori, i ragazzi del Nord o del resto d’Italia che hanno deciso di studiare o lavorare al Sud si contano sulle dita delle mani.
Certo, buona parte del problema -tutt’oggi irrisolto dopo un secolo e mezzo- è dovuto a una rete infrastrutturale penosa. E’ come se gli americani, nel loro avanzare verso il Far West, si fossero fermati in Texas con strade, autostrade, ferrovie ed aeroporti, accontentandosi delle vecchie piste percorse dalle carovane per raggiungere la California.
Credo basti questo semplice -seppur volutamente forzato- paragone, per capire quant’è ancora grande il margine che separa la Calabria e il nostro Meridione dal resto d’Italia, e quanta strada (metaforica, ma anche reale) dovremo ancora fare per essere davvero un Paese solo.

Nell’ampio panorama di voci e storie raccolte dettagliatamente nel progetto, non viene certo dimenticato che “Sud Altrove è stato un viaggio attraverso una Calabria su cui è stata stesa una pesante coperta che si alza solo per fare uscire la parola ‘ndrangheta” (Letizia Cuzzola). Vengono raccontate anche qui le vicende di uomini e donne vittime di delitti o che hanno vista la loro esistenza condizionata pesantemente dalla presenza della criminalità, ma anche le reazioni coraggiose ed esemplari contro questo fenomeno.

Sud Altrove” è un libro ottimista. Un ottimismo oggettivo, basato sulla consapevolezza nei propri mezzi da parte dei giovani calabresi. Viene infatti espresso con forza e in modi diversi il concetto che “la Calabria può riscattarsi se impara ad amare di più i suoi figli” (Letizia Cuzzola).

Amare i propri figli vuol dire tenerli lontani da modi di pensare e di intendere la società che sono fuori da ogni regola del vivere civile, fuori da quella civiltà che abbiamo restituito all’esterno, quasi dimenticandola e rimanendo all’asciutta, come una spugna spremuta.
Amare i propri figli significa aiutarli a dipanare il bandolo della matassa che, per ognuno di noi, “sta proprio nella facoltà di scegliere il proprio destino e cosa fare della propria vita” (Claudia Toscano).
Amare i nostri figli significa garantire il nostro capitale umano,  un capitale che è una risorsa straordinaria seppur ancora a molti sconosciuta, l’unica assicurazione sulla vita e sul futuro della nostra regione.
Dobbiamo farlo, e lo facciamo con una certezza nel cuore e nella mente: siamo calabresi, “portatori sani di testardaggine” (Salvatore Salvaguardia). Ce la faremo.