LA FESTA DI SAN ROCCO: LA FEDE E’ PIU’ FORTE DELLE POLEMICHE

San Rocco_2014_chiesaBUM-BUM Sant’à Rroccu vinni e si ndi iau.
Per lo scigghitanu, la festa di San Rocco è un po’ come Natale: la aspetti per un anno intero e poi…finisce subito.
Abbiamo aspettato che si calmassero le acque, per cercare di fare un bilancio di questa festa “anomala” ma, proprio per questo, bella.

Quest’anno abbiamo scelto di seguirle in silenzio le processioni. Siamo andati in controtendenza rispetto a quanto abbiamo fatto negli scorsi anni. Non è stato certo per fare uno sgarbo ai tanti scillesi che sappiamo ci seguono da lontano, in Italia e all’estero. L’abbiamo fatto perché abbiamo ritenuto opportuno ritrovare una condizione di normalità, che ci permettesse di vivere la festa nel suo significato più intimo.
Proprio per questo, ci siamo mischiati ai portatori e in particolare a quelli che “mbuttano” sotto le stanghe posteriori. Uno dei portatori, vedendo chi scrive lì in mezzo, chiede meravigliato: “E comu mai, nu geomitra a menzu all’operai?!
Quella domanda è stata sorprendente ma ha riassunto in sé il significato della festa di San Rocco.
Superata la sorpresa, gli ho risposto: “‘U geomitra è ‘bituatu a stari a menzu all’operai. Servi. Servi pi mantiniri ‘i peri ‘n terra.”

Tra tutti coloro che -a vario titolo- partecipano alla processione attivamente, senza dubbio il ruolo di “operai” tocca ai portatori. Non è stato un caso se abbiamo scelto di percorrere le strade del paese a fianco a quelli delle stanghe posteriori: sono quelli che non compaiono mai nella maggior parte delle fotografie che ritraggono le scene delle processioni, l’esatto contrario dei loro “colleghi” delle stanghe anteriori. Ma sono indispensabili.
San Rocco_ChianaleaE tra gli operai, tra questi speciali operai, i meno appariscenti, il geometra -da ingegnere dei poveri, cioè dei semplici- trova il suo habitat naturale.
E’ lì, in mezzo a loro, dove l’aria è più calda e pesante di sudore, è proprio lì che si capisce cosa vuol dire sacrificio, impegno, fatica. Stare lì in mezzo per poche ore, è come vivere in un attimo un’intera settimana, un intero mese di lavoro.
E’, quella dei portatori, una fatica offerta però con gioia, gratuitamente; un dovere verso un uomo santo, San Rocco, che ha abbandonato gli agi e le comodità della ricchezza terrena, per vivere la sua esistenza accanto ai malati, a quelli che usiamo definire “gli ultimi”.
Stare lì in mezzo aiuta a pensare, a riflettere, a capire in maniera diretta e forte che ognuno di noi ha un ruolo ben preciso in questo mondo, un dovere verso la gente, verso l’umanità. Troppo spesso ce ne dimentichiamo, perdiamo di vista le cose importanti, smarriamo noi stessi.
Ecco allora che l’occasione della festa, il trascorrerla -seppure per poco- tra i portatori, aiuta a tornare con i piedi ben piantati per terra: solo così si possono affrontare il sacrificio, la dura fatica; solo così si può gustare appieno la gioia conseguente alle mete raggiunte.
E’ stato bello, un’emozione particolare stare tra i portatori. Certo, ‘mbuttari -lo dico senza vergogna- non è misteri ‘u meu, nel senso che la Natura ha fatto sì che quello non fosse il mio ruolo. Ma stare tra loro, scambiare con loro anche solo una battuta, un sorriso, una parola d’incoraggiamento quando la fatica si è fatta sentire maggiormente, questo l’ho fatto volentieri e con grande piacere, e scrivere qualche riflessione al riguardo è il minimo che possa fare.
Non è stato un caso se, sia alla fine delle processioni sia dopo la messa di lunedi sera, il parroco ha ringraziato, primi fra tutti, i portatori.
A dispetto del gran parlare che se n’è fatto sui giornali per le note vicende accadute in altri paesi calabresi -assurti, per questo, all’onore delle cronache, a Scilla abbiamo dimostrato che le processioni non sono altro che un atto di fede, e di questo possiamo andarne sicuramente più che fieri. Nessun giornale scriverà titoloni su questo, ovviamente. Noi, al contrario, da scigghitani, ci teniamo a ribadirlo ancora una volta, non per vanto, ma per correttezza: a Scilla, le feste religiose si fanno seriamente.

Qualcuno non sarà tanto d’accordo con quanto sopra, è nell’ordine naturale delle cose. Si potrà dire: vi sembra serio annunciare all’urbe et all’orbi che i fuochi si faranno, e poi dover assistere a un vero e proprio disastro pirotecnico?!

Beh, se proprio dobbiamo essere sinceri, il disastro pirotecnico è stato innegabile. Ma permetteteci di mettere un po’ d’ordine e fare chiarezza in ciò che è avvenuto.

L’11 Agosto, la Commissione Tecnica Provinciale Materiali Esplodenti (C.T.P.M.E.) ha eseguito sopralluogo presso i siti indicati per lo sparo dei fuochi.  Tale Commissione, nominata dal Prefetto, è chiamata per legge ad esprimersi preventivamente riguardo alle condizioni di sicurezza, per la prevenzione di infortuni e disastri, in base all’entità delle accensioni per le quali si chiede l’autorizzazione nonché del prevedibile afflusso di pubblico.
La Commissione ha espresso parere positivo con prescrizioni per il trionfino e per i fuochi alla villa comunale, ma ha dato parere negativo riguardo all’area di sparo -sulla spiaggia, in prossimità del torrente Livorno- utilizzata in passato per i fuochi di mezzanotte.

Il 14 Agosto la Parrocchia ha inviato al Comune due note, con le quali in una relazione precisava la tipologia di fuochi per il trionfino e per la villa comunale;
Sempre il 14 Agosto, ditta Chiarenza ha presentato al Comune richiesta per l’autorizzazione all’accensione dei fuochi del trionfino (il 17) e per il lunedi 18. La ditta non ha potuto presentare richiesta per i fuochi di mezzanotte, non essendo ancora stato stabilito né il sito adatto né, conseguentemente, la tipologia di fuochi utilizzabili;

Lo stesso 14 Agosto, il Commissario Prefettizio rilascia l’autorizzazione richiesta per lo sparo dei fuochi del trionfino e della villetta comunale. Nell’autorizzazione vengono specificate le tipologie di fuochi utilizzate e vengono richiamate le prescrizioni dettate dalla C.T.P.M.E., tra le quali la precisazione -in entrambi i casi- che trattasi di “fuochi a terra”, definiti dalla normativa come fuochi destinati  a “funzionare  a livello del suolo (o in sua prossimità se posti su opportuni supporti) i cui effetti si possono tuttavia propagare fino ad un’altezza da terra limitata nel massimo a metri 20, con aperture di diametro non superiore a metri 12 e ridotti effetti sonori.”

Dunque, occorreva trovare subito una soluzione alternativa per poter sparare i fuochi di mezzanotte.

Il 15 Agosto, il Parroco don Francesco Cuzzocrea presenta al Comune la richiesta di autorizzazione per l’accensione dei fuochi in onore di San Rocco per domenica a mezzanotte, sulla spiaggia di Scilla, località Monacena, sito che soddisfa al requisito della distanza minima di sicurezza di mt. 50, previsto per la tipologia dei fuochi previsti.

Il 16 Agosto, nel primo pomeriggio, a poche ore dalla partenza della processione per marina Grande e Chianalea, verificata la rispondenza dei requisiti della nuova area di sparo di Monacena, ed ottenuti i “via libera” dal Commissariato di Pubblica Sicurezza di Villa San Giovanni e dalla Capitaneria di Porto, il Commissario Prefettizio concede l’autorizzazione per l’accensione dei fuochi di mezzanotte.
A sparare a Monacena però non è la ditta Chiarenza di Belpasso (CT), ma la ditta Sud Fireworks di Soriano Calabro.
Infatti, nonostante la corsa contro il tempo per ottenere l’autorizzazione dalla Prefettura di Catania per il trasporto dei fuochi, non si è riusciti a farli giungere in Calabria in quanto, trattandosi di materiale particolare, sono sorti problemi con le navi traghetto. Problemi che, vista la scadenza prossima degli appuntamenti previsti, sono divenuti insormontabili per la ditta siciliana.
E’ stato perciò necessario ricorrere a una ditta “in continente” che, suo malgrado e nonostante la disponibilità e la buona volontà, si è ritrovata a dover approntare uno spettacolo pirotecnico in pochissimo tempo, con gli esiti che, proprio per i motivi che abbiamo cercato di ricostruire, sono stati sotto gli occhi di tutti.

In definitiva: si è fatto tutto ciò che era possibile fare per garantire che la festa si svolgesse nel rispetto delle tradizioni, fuochi compresi. Se la qualità degli stessi non è stata all’altezza della tradizione riconosciuta ai “fuochi di Scilla”, ciò è dovuto in primo luogo alla ristrettezza dei tempi in cui si è dovuto operare (solo cinque giorni tra il rilascio del parere preventivo della C.T.P.M.E. e la festa) e solo in seconda battuta alle prescrizioni vincolanti da cui il Commissario ha legittimamente ritenuto di non poter derogare (e di questo non gliene può essere addebitata colpa, avendo a che fare con la tutela dell’incolumità pubblica), al contrario di quanto in passato hanno sempre fatto i vari Sindaci, solo ed in quanto scigghitani.

Fin qui la vicenda-fuochi, che tanto ha fatto discutere, soprattutto chi non era affatto informato di come si sono svolti i fatti, sui quali speriamo di aver fatto la dovuta chiarezza.

Per quest’anno è andata così. Per il futuro, è necessario pensare a soluzioni definitive dei problemi riscontrati. Cosa certamente fattibile nel pieno rispetto delle norme di sicurezza in vigore, ma a una condizione: che tutti gli scillesi -Parrocchia, Amministrazione, Associazioni, Commercianti, Imprenditori, ecc. fino ai semplici cittadini, nessuno escluso- si mettano una mano sulla coscienza, si assumano ognuno le proprie responsabilità e s’impegnino in prima persona (anche dal punto di vista economico), senza contare nell’assunzione di responsabilità di un singolo (Parroco, Sindaco o Commissario che sia), che funga –a secondo dei casi e di come la si pensi- da eroe o da facile capro espiatorio.
Se così non sarà, che ognuno di noi se la prenda solo con sé stesso e con nessun altro.

San Rocco_2014

A parte la qualità dello spettacolo pirotecnico di mezzanotte, l’unico piccolo disagio dovuto alla mancanza dei botti si è registrato all’uscita dalla chiesa delle processioni, non annunciata dal consueto sparo di mortaretti e, per di più, in netto anticipo rispetto agli orari previsti, con la conseguenza che in parecchi si sono visti costretti a “rincorrere” la processione che si snodava lungo le vie scigghitane.
Per il resto, le processioni si sono svolte come negli altri anni, con la stessa intensità e partecipazione emotiva di sempre.

Un’ultima annotazione, di minore importanza: nelle due sere della festa, il palco montato in piazza è rimasto vuoto, nessuno spettacolo. Sotto questo aspetto la festa –se festa doveva essere anche dal punto di vista civile- ha lasciato tutti scontenti. Evidentemente, presi dalle impellenti necessità relative alla sicurezza –risolte in extremis, questo aspetto più “ludico” è stato giocoforza trascurato. Pazienza, la festa s’è fatta lo stesso.

S’è fatta lo stesso, sì, e due sono le immagini che ci restano scolpite nella memoria:
– le donne, che con le loro ‘ntrocce alzate verso il cielo hanno fatto da ali al passaggio della statua in piazza, la sera del sabato. A ogni grido/invocazione di “Evviva San Rocco!” è corrisposta una loro preghiera: “Dona la salute ai portatori!”;
– un bambino che sulle spalle del padre (uno dei portatori) percorre l’ultimo tratto di strada verso la chiesa di fianco alla statua, con il braccio proteso e la mano poggiata sulla vara, a spingere con la sua forza da bambino, come a voler contribuire anche lui a portare San Rocco.
Ecco, queste due immagini della serata di sabato ci dicono che, con o senza fuochi d’artificio, la festa di San Rocco si continuerà a fare, perché gli scillesi hanno dimostrato che la loro fede in San Rocco è più forte di ogni polemica. Per questo continueranno ad onorare nel tempo il loro Santo Patrono, nel modo migliore possibile.