CU’ NON ‘CCETTA NON MMERITA

Non so in quanti leggeranno questo post, perché ai più potrà sembrare ripetitivo, pleonastico, inutile. Ringrazio perciò in anticipo quanti vorranno impiegare pochi minuti del loro tempo a proseguire la lettura, perché sugnu calabrisi, haiu ‘a testa ‘i ‘ncunia, perciò insisto e continuo a battere lì dove il dente scigghitanu duole: l’Ospedale “Scillesi d’America”.

O forse dovrei scrivere “duoleva”, perché il dente-Ospedale è stato oramai devitalizzato, privato cioè della sua vitalità. Sul Mal-Ospedale scillese non si avverte nessun dolore, come cantava e’ so’ tempi Lucio Battisti. Si è divenuti, noi comunità scillese, completamente indifferenti, non sentiamo più niente. Silenzio.

Nel mare di questo silenzio che ha finito col fare acquetare le acque, ogni tanto, però, cadono sassi che hanno il potere di turbare la quiete. L’ultimo di questi sassi, in ordine di tempo, è la clamorosa indagine che ha scompaginato l’intero reparto di Ostetricia e Ginecologia degli ospedali Riuniti di Reggio Calabria.

E’ bene dire subito una cosa: si tratta solo di un reparto –o unità operativa, come si dice in gergo tecnico- non certo dell’intero ospedale, all’interno del quale, invece, vi sono unità operative di prima eccellenza, dove i medici (pochi) e gli infermieri (pochi), lavorano facendo i salti mortali per far fronte alla domanda di cura e assistenza dei pazienti-viandanti (molti, moltissimi, troppi).

Non può però essere taciuto il fatto che l’indagine sfociata nei recenti arresti, per stessa ammissione delle autorità inquirenti, sia partita da indagini di ‘ndrangheta. Dopo aver penetrato le Istituzioni, dopo esser penetrata nelle profondità marine e terrestri, avvelenando la terra e il mare calabresi, adesso sembrerebbero emergere (pur se tutte da confermare) infiltrazioni mafiose anche lì dove i calabresi devono, invece, essere curati.

Nel mar del silenzio rotto soltanto dai pesanti sassi giudiziari, alla luce di quello che è avvenuto a Reggio, una domanda dobbiamo porcela: perché questo silenzio su Scilla? Perché non si è dato seguito alle tante promesse iniziative di protesta? Perché si sono lasciate nei cassetti proposte valide e sensate che prevedevano l’accorpamento dello “Scillesi d’America” alla struttura centrale di Reggio? Perché si è scelto di trasformarci in tanti viandanti in cerca di un po’ di salute, nella (temiamo vana) attesa di un nuovo grande ospedale della Piana (varda casu!) che non sappiamo se e tra quanti decenni sarà costruito e reso operativo? Perché Scilla non può funzionare, in attesa che a Reggio si attui e completi il già progettato ampliamento dei Riuniti? Perché? Perché?? Perché??? Perché???? Perché?????

Ce lo siamo chiesti, ce lo chiediamo e continueremo a chiedercelo, insistentemente ed instancabilmente, proprio comu fannu ‘i figghioli bramosi di apprendere, di sapere. Anche se, visto come stanno andando le cose, dovremo aspettare che a farcelo sapere sia la magistratura.

Nell’attesa di ricevere risposta a queste domande, mentre da pazienti ci siamo tutti trasformati in viandanti –come efficacemente notato nella lettera aperta che trovate in calce a queste brevi considerazioni- da scillesi dovremmo solo ricordare che l’Ospedale è stato per noi un dono. Donare, in lingua italiana (ma in tutte le lingue del mondo), significa “dare ad altri liberamente e senza compenso cosa utile o gradita”. Ebbene, poiché chi tace acconsente, col silenzio stiamo acconsentendo a scelte, tanto mirate quanto cervellotiche, che hanno reso inutile il nostro ospedale. In più, con lo stesso silenzio stiamo solo dimostrando che questo grande dono non è stato gradito. Dunque, per noi scillesi accondiscendenti al silenzio –prim’ancora che per i politici e/o i Commissari alla Sanità- l’Ospedale di Scilla non rappresenta più un dono.

I nostri vecchi, ‘i ‘ntichi, non hanno avuto la possibilità di studiare, “non hanno avuto le scuole”, ma non erano certo stupidi e quando dicevano una cosa –dettata dall’esperienza diretta, sul campo- non si sbagliavano. Dicevano, tra l’altro: cu’ non ‘ccetta, non mmerita. Chi non accetta non merita. E noi scigghitani, che complice il nostro silenzio non abbiamo più accettato questo dono dell’Ospedale, allora vuol dire che non lo meritiamo.

LETTERA APERTA

(seguito della lettera pubblicata il 31.01.2016)

IL VIANDANTE

Non sono stato certamente il primo a parlare della storia del nosocomio di Scilla. Altri, e molto più incisivamente (vedi le diverse raccolte di firme) hanno chiesto e richiesto con insistenza la non chiusura o smantellamento dei reparti che bene e proficuamente funzionavano.

Però, quello che si è percepito di più in questi ultimi anni, è l’indifferenza, o peggio, il silenzio di alcuni politici di mestiere e non, di fronte a un così delicato e basilare problema di carattere sociale.

Di tanto in tanto, spunta qualche autorevole notizia relativa alla riconversione dell’ospedale in “Casa della Salute” e fin qui, forse, c’è qualche verità.

Così non è, purtroppo, in quanto fino ad oggi la collettività scillese e dei paesi viciniori della riconversione non hanno visto nemmeno l’ombra.

Come dicevo, qualche autorevole “nominato” se ne spunta fuori con proclami straordinari, promessa di stanziamenti di fondi: prima cinque milioni di euro, più recentemente, circa otto. Sono stati, fino al momento, solo tappi di sughero per tappare la bocca specie a chi ha tanto bisogno di cure ed assistenza. E’ vero, come dicono in gergo moderno, la burocrazia necessita di “tempi tecnici”.

Mi si vuole dire, da parte di chi di politica vive, quali sono i tempi tecnici per un ricovero d’urgenza di un paziente? Desidererei una risposta da color che son preposti a risolvere tali problemi.

Il risultato: oggi il malato non è più un paziente, ma un viandante. Il viandante, infatti, non trova fissa dimora né, tanto meno, pane con cui sfamarsi. Il nostro Ospedale “Scillesi d’America” è stato dimora (vedi gli edifici esistenti) e pane (elemento di primaria necessità, come le cure) per i tanti pazienti che durante tutta la sua storia vi sono stati ricoverati e curati giornalmente.

Infine, mi rivolgo ancora una volta ai nostri politici regionali, provinciali e comunali: non fatevi vedere soltanto in tempi di elezioni. Una vostra visita di tanto in tanto, vale più di cento volte la richiesta di un voto. Ricordatevi che il voto -quello liberamente espresso- è consequenziale al vostro impegno nella risoluzione dei problemi della gente.

Rimane alquanto eclatante, per me e per tutti coloro che condivideranno la presente, il comportamento del gruppo dei sindaci dei Comuni della Costa Viola, nonché quelli ad essi collegati, rimasti tutti nel silenzio ed assolutamente inermi, invece di difendere un grandissimo patrimonio sociale quale l’Ospedale “Scillesi d’America” di Scilla. Esso, nonostante tutto, rimane sempre nei nostri cuori di puri scillesi.

In conclusione, mi è doveroso sottolineare le varie missive e iniziative prese dalla Presidente dell’A.G.E.S.S., Sig.ra Silvana Ruggiero e dal Presidente della Pro-Loco Sig. Bruno Ienco, entrambi di Bagnara. A loro va il mio personale ringraziamento.

Mi rendo conto che quanto ho esposto è meno di una piccola goccia d’acqua nell’oceano della non-politica rappresentativa, che ha lasciato spazio a chi forse non merita tanta attenzione. La storia darà sicuramente “La Risposta”.

Grazie dello spazio che mi sarà riservato.

Paolo Picone