LA NDUJA DI PONTIDA E GLI EMIGRANTI DELLA SANITA’ REGGINA

I calabresi, popolo dalla memoria corta, vizio antico, duro a morire.

Mentre a Pontida Salvini&Co festeggiano il primo raduno della “scopa nuova” del “Governo del cambiento” con vassoi carichi di nduja di Spilinga -e vedere la nduja a Pontida, credo sia un cambiamento che fa rivoltare anche i maiali nelle stalle calabre- alle latitudini Calafricane torniamo a parlare di sanità nostrana e, in particolare, di quell’”Ei fu” chiamato Ospedale Scillesi d’America.

Era il 17 Settembre 2011, quando in un’assolata mattinata di fine estate, l’allora governatore calabro, Peppone Scopelliti, durante un’affollata conferenza stampa convocata per discutere del destino dell’allora nosocomio sillese, tra le tante promesse inserì anche questa: “…Pensiamo a 30 postazioni per la dialisi”.

Il servizio dialisi, è bene ricordaerlo, era stato già svolto in passato all’interno dello “Scillesi d’America”, pertanto la promessa di Peppone suonò come una conferma di ciò che a quel tempo, aveva dimostrato di funzionare egregiamente, specie nel periodo estivo, quando si consentivano le cure anche ai turisti dializzati che trascorrevano la bella stagione nel nostro paese.

Sono passati poco meno di sette anni da quella promessa, ovviamente non mantenuta -come tantissime altre fatte da Peppone che, in realtà, già aveva ben chiaro in mente che a Scilla l’ospedale non ci sarebbe dovuto essere- sette anni e sui giornali e media locali si torna a parlare del servizio dialisi nella provincia di Reggio Calabria (come dite? la Città Metropolitana? Non è stata ancora percepita dalla popolazione indigena).

A sollevare il problema, in tv, è stato il Comitato Regionale Calabria dell’ANED -Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e Trapianto ONLUS (associazione Medaglia d’Oro al Merito della Sanità Pubblica). In breve: mentre in diverse zone della Calabria è disponibile anche per questa estate il programma di “Dialisi vacanza”, che consente a pazienti di altre regioni di effettuare il trattamento dialitico nei Centri locali durante la stagione estiva, con centri aperti nel territorio delle ASP di Cosenza, Catanzaro e Crotone, a Reggio e provincia i malati sono costretti a…emigrare in Sicilia, al di là dello Stretto, per di più in strutture non pubbliche ma private, perché l’offerta sanitaria reggina non è in grado di soddisfare la, purtroppo, crescente domanda di cure specifiche.

La cosa, ovviamente, ha del tragicomico, laddove si consideri che, a quanto riferito dalla deputata Federica Dieni, le grandi menti che gestiscono la sanità reggina, solo dopo essere state quasi costrette a sedersi allo stesso tavolo dalla Prefettura, pare avessero “individuato due percorsi distinti per la risoluzione del problema. Il primo: l’attivazione di un terzo turno di dialisi nell’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria; il secondo: la realizzazione di un centro, con una disponibilità di 15 posti. Allo stato attuale, nessuno dei due percorsi risulta avviato. L’attivazione del terzo turno – nonostante i decreti del commissario ad acta alla Sanità, che hanno autorizzato l’assunzione di 3 nefrologi e di 10 infermieri – è stata congelata per motivi tuttora incomprensibili, dal momento che il personale medico in questione dovrebbe solo seguire i necessari corsi di formazione, ultimati i quali potrebbe da subito entrare in servizio. Quanto al Centro dialisi, per realizzarlo servirebbe una intesa tra Asp e dipartimento, intesa che al momento non sarebbe stata sottoscritta. Secondo alcune indiscrezioni, l’Azienda provinciale avrebbe già ottemperato ai suoi obblighi; non così, invece, la Regione, che non avrebbe ancora proceduto con la riorganizzazione della rete nefrodialitica, step propedeutico all’autorizzazione del presidio reggino”.

Naturalmente, l’inerzia regionale consente alla Dieni di scagliarsi contro l’attuale governatore calabro, Oliverio che, certamente ha anche lui le sue grandi e gravi reponsabilità che, però (non è una scusante), vengono da lontano, come sopra ricordato.

Dopo sette anni, dunque, continuano a venire a galla gli enormi danni fatti da una “politica” sanitaria priva di alcuna giustificazione logica, e questo dei malati dializzati è sicuramente una delle pagine più drammatiche.

Si cercano soluzioni tampone (vedi l’attivazione del terzo turno) o soluzioni la cui attuazione passa attraverso le forche della burocrazia. E questo nuovo centro di quindici posti, mi chiedo, dove dovrebbe essere realizzato?

Chi è chiamato a decidere si ricordi che a Scilla c’è un’intera struttura a disposizione, nella quale i posti disponibili potrebbero essere quanto meno il doppio.

La deputata Dieni se ne dovrebbe ricordare, visto che è stata tra le poche ad interessarsi alle vicende dello “Scillesi d’America”, per il quale si era da sempre chiesto l’accorpamento funzionale con gli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria. Il trattamento medico e umano di quei pazienti dializzati, costretti a solcare lo Stretto non certo per andare a gustare gli arancini o i cannoli siciliani (come han dovuto fare i neolegasovranisti in salsa calabra per la mangiare la nduja, a Pontida), era e rimane uno dei motivi principali del perché era stata avanzata quella richiesta, rimasta finora inascoltata. Ricordarsene, sarebbe già un bel cambiamento.