‘U TRIONFINU: LA SAGGEZZA DELLA PAURA

Shot by the bombs. Yes, propria sparati ri bumbi.

Stamattina, appena in grado di dischiudere le palpebre in due minuscole fessure, fuìa a prendere ‘na menza caffittera di cafè bollenti: cusì iaprìa il primo occhio.

Poi, quasi automaticamente ho aperto il computer e sono andato a caccia di…bumbi.
Sì, quelle dei fuochi di ieri. Ho riascoltato i botti a tutto volume: cusì iaprìa puru il sicund’occhiu.

In giro per il paese una calma strana regnava nell’aria: salutavo la gente che girava a stento lo sguardo verso di me e, fissandomi da dietro le lenti degli occhiali da sole, riusciva a stento ad aprire le labbra nel flebile tentativo di rispondermi.

Seppur ancora menzu ‘ntuntutu di sonnu pure io, ho subito compreso e capito: non ti preoccupari, non è chi nci l’hannu cu tia o non ti canusciunu.

E’ chi è lunedi dopu Sant’ a Rroccu!!

Come ogni anno, ieri Scilla ha celebrato il Santo Patrono, chiudendo la processione per le vie di San Giorgio con il tradizionale spettacolo del “Trionfino”.
Per coloro che se lo sono perso, ricordo che il filmato è disponibile sulla home page di www.malanova.it .

La domenica della festa di San Rocco, Scilla si trasforma. Viviamo quella giornata in maniera così particolare, così speciale che dimentichiamo ogni altro problema o vicissitudine.

Per un giorno, tutti gli scigghitani, vecchi, ‘randi, figghioli e figghioleddhi, diventano una cosa sola stringendosi attorno alla protettiva figura del Santo Patrono.

Ce lo si legge in faccia. Come diceva don Francesco ieri, nell’omelia della messa prima della processione siamo belli, siamo tutti belli. Anzi, nel giorno della festa, siamo ancora più belli: nelle espressioni del viso, nel modo di comportarci, con gli amici, i parenti, la famigghia e i furisteri.

Assistere alle processioni e, soprattutto, al trionfino finale è un’emozione che si ripete ma che allo stesso tempo, si rinnova ogni anno.

Stare lì, a pochi centimetri da una calda pioggia di fuoco gioioso, incurante di qualsiasi altra cosa; godersi quegli attimi della corsa del Santo, che sembra letteralmente “galleggiare” sospeso sulle spalle dei protatori, preceduto e seguito da tantissimi fedeli, tra il fragore ri roteddhi e delle batterie incrociate degne delle migliori contraeree; starsene con gli occhi al cielo a fissare quelle luci pirotecniche che illuminano la notte.

Nella notte di San Rocco, Scilla ritrova l’unità e, sotto il fuoco del trionfino, ogni scillese si sente pronto ad affrontare qualunque cosa.

Al contrario di quanto può apparire agli occhi di un osservatore distratto, il “Trionfino” non è un modo “pagano” di esorcizzare la paura.

Il brivido che ti percorre la schiena durante quella corsa quasi “in apnea” è invece la maniera fisica, rale, palpabile, del rendersi conto che possiamo affrontarla la paura.
E’ per questo che alla fine della corsa, ci sentiamo tutti ancora più belli e più ricchi.
Sì, più ricchi della saggezza di rifiutare il pericolo, ogni pericolo, nella consapevolezza di avere sempre, come nel “Trionfino”, San Rocco al nostro fianco.

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