La fermezza dei giusti

Mia madre non faceva che ripetere: – È come l’Affar Dreyfus!
Poi, una sera, mio padre ritornò a casa. Era senza cravatta, e senza lacci di scarpe, perché in carcere li toglievano. Aveva, sotto il braccio, un fagotto di biancheria sporca, incartata in un foglio di giornale; aveva la barba lunga, ed era tutto contento d’essere stato in prigione.
[…] Poi anche Gino fu liberato. E mia madre disse:
– Ora si ricomincia con la vita noiosa!

Poco prima di rientrare a Roma, una ventina di giorni fa, ho rubato dagli scaffali di casa un libro lasciato lì così, senza destinazione. Quando ho iniziato a leggere Lessico famigliare di Natalia Ginzburg non vi ho riposto alcuna aspettativa. Oggi, le 212 pagine di questo romanzo mi hanno sorpreso. Definirei la storia che c’è dentro un vero e proprio manuale di sopravvivenza di una famiglia ebraica, socialista e antifascista di Torino, vissuta ai tempi in cui Mussolini cominciava a diventare una persona importante nel nostro rintontito Paese. Ciò che mi ha colpito di più è la fierezza con cui queste persone hanno affrontato, giorno per giorno, la loro lenta ascesa al cospetto del sempre più grasso carro dei vincitori. È l’ostinazione del capofamiglia, in particolare, ad entusiasmarmi. Uomo di scienza, tiene su la baracca con austerità, mentre il vuoto attorno a lui, e a quei pochi rimasti come lui, si dilata. Uno dopo l’altro vede allontanarsi i suoi figli. Sarà più fiero di quelli arrestati o costretti al confino o, addirittura, all’espatrio. E lo farà sempre con la fermezza di chi è convinto di essere dalla parte del giusto.

Natalia Ginzburg

Lesico famigliare
Einaudi Tascabili. Letteratura 629
1999
pp. 212 – 7,70 euro


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