Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com
21.6.2009
Ho letto quello che hai scritto… posso darti del tu? Ti ringrazio infinitamente di ogni singola parola. Ancor prima ti ringrazio di avere avuto la voglia e la disponibilità di dare fiducia, per una sera, ad un’ illustre sconosciuta che per di più (cosa che da noi è un demerito) è anche tua concittadina… (“ma chi bboli sta zinudda i Rrriggiu ?!?!!”).
Ieri è stata una serata difficile ma splendida. Era la prima volta che mi cimentavo in uno spettacolo dai toni non drammatici e per di più scritto da me. Far ridere è più difficile che far piangere ma volevo sperimentare la possibilità di fare arrivare un messaggio con leggerezza e senza “imparanoiare” il pubblico.
Voi mi avete dato forza e carica… siete stati un pubblico meraviglioso, attento, sensibile e disponibile all’ascolto. Se lo spettacolo è riuscito è anche merito vostro. Non mi sento all’altezza di tutti i complimenti che mi fai (ma falli pure non mi offendo certo…!!!!!!!) sono solo una persona che ha studiato per fare quello che fa e che ci mette impegno e anima: tutto qui.
Grazie ancora… mi hai commosso.
Un abbraccio
Rachele
Io mi sento colpevole. Di non averti mai sentito nominare prima di questi giorni. E’ come se mi fossi volontariamente privato di una ricchezza umana e culturale che avevo a portata di mano.
La mia non è stata una critica teatrale o il resoconto di un cronista. Ma solo la condivisione il più possibile fedele delle impressioni di uno spettatore.
Credimi: varcato il portone del Castello, non ero animato dalle migliori intenzioni. Avevo presente il rischio – data la scottante tematica proposta – di venire “imparanoiato”, come scrivi tu usando questo divertente neologismo.
Ma è bastato poco per convincermi di trovarmi di fronte ad un lavoro di grande qualità. Un lavoro tutto da godere che è perfettamente riuscito nel suo intento. Il messaggio è giunto forte è chiaro. La “mediocrità” che cerca – e quasi sempre, ahimè, riesce – ad imprigionare la “tua” donna è la stessa che imprigiona il povero, il debole, il meridionale, il timido, l’incapace di ribellarsi a schemi che non sente propri. Qualunque persona che – per colpa sua o del contesto in cui vive – non ha la forza, o il coraggio, di varare la sua barca e prendere il largo…
Tu ci sei riuscita, Rachele, al di là della misura “quantitativa” del tuo successo.
Ecco, lo sapevo: volevo ringraziarti per il tuo meraviglioso “mi hai commosso” e ho finito per scrivere un altro articolo! Temo di non possedere il sacro dono della sintesi…
T’auguro di cuore che quella di questi giorni sia solo un’anteprima per il tuo spettacolo che merita di ottenere una diffusione di gran lunga maggiore!
Alla prossima!
Giovanni