LA PROPAGANDA ELETTORALE E LE VETRINE DELL’INCIVILTA’

Il voto è in corso da questa mattina, quindi non possiamo ancora esprimere giudizi di sorta, almeno fino a domani alle 15:00.

Possiamo però fare un breve commento su quelli che sono stati i metodi utilizzati per la propaganda elettorale. Metodi, diciamolo subito non sempre, anzi quasi mai rispettosi di spazi e regolamenti ufficiali.

Diciamolo: le normali bacheche poste davanti al Comune –una per ogni lista (ma all’inizio tutte e due erano state occupate dai manifesti di una stessa lista!)- sono spazi troppo angusti per contenere la …fantasia di liste e singoli candidati.

Così, facendo un giro per le strade del paese, si è visto un fiorire di “spazi alternativi”. Facce e relativi sorrisi di diversi candidati spuntaru pirciò in ogniddove.

Si va dal classico manifesto appeso ai cassonetti o alle varie “campane” della differenziata (quei pochi che esistono, almeno a Scilla), fino alle forme più innovative.

Si sono tappezzate porte e vetrine di attività commerciali; si sono utilizzati muri e muretti di strade comunali e provinciali; manifesti di liste e/o di singoli candidati si sono arrampicati ai piani alti dei palazzi o hanno fatto letteralmente scomparire i parapetti e le ringhiere dei balconi.

Automobili, pulmini e simili, abitualmente utilizzati per attività commerciali, si sono ritrovati a non avere più vetri. Erano tutti “oscurati” da manifesti e”santini” vari.

A proposito di “santini”. Stamattina, Piazza San Rocco appariva con una nuova pavimentazione. L’abituale pietra “rumpianchi”, quella che fa fischiare le ruote delle macchine anche se passi a 2 km/h, è stata sostituita da un nuovo mosaico multicolore. Un tappeto fatto di “santini” di candidati, evidentemente gli ultimi residui non utilizzati per il solito porta a porta.

Un porta a porta che, ameno a giudicare dal numero cospicuo di “tesserine”, non deve essere stato condotto con particolare fantasia, visto che i “santini” sono riusciti a coprire l’intera via On. Minasi (ex Panoramica).

In questa vera e propria babele propagandistica, non sono di certo passati inosservati i nuovi metodi. Tra tutti, il metodo “traguardo”.

Striscioni degni di un traguardo di tappa del giro d’Italia, sventolano garruli da parecchi giorni, sospesi da una casa all’altra, alla fine o all’inizio di alcune strade principali del paese. Che sia un metodo comunicativo originale è sicuro. Di quanto sia legale, non siamo sicuri.

Ma, giusto per non far torto a nessuno, il meglio dovevano ancora vederlo. Lo abbiamo visto ieri sera, a Reggio.

Il nostro capoluogo di provincia –che io abitualmente definisco “capitali ra Calabria”- è da sempre una città che fa tendenza. Sì, tendenza spesso e vulinteri nte cosi storti.

Tutti i tipi di propaganda visti nello Scigghio e fin qui ricordati, non possono non impallidire davanti all’ultima trovata riggitana.

Sul corso Garibaldi –quello che una volta era il salotto buono della città- colonne, lapidi, capitelli, ecc., sono in mostra, appoggiati su un piano in sabbia, esposti in delle teche trasparenti che occupano il centro della strada- alcuni reperti storici della Reggio antica. Un pezzo di storia della città, messi lì apposta, per farli conoscere a tutti, ‘ndigini rrigitani e, soprattutto, turisti, a testimonianza di un passato ricco che facciamo del nostro meglio per non far tornare.

Ebbene, l’inventiva, il genio malato dei riggitani –e non vi ‘ffinditi, perché chi scrive è scoaccquatrippa com’ a vui- ha approfittato di questa occasione imperdibile. Così, a fianco, o sparsi sopra a colonne e capitelli, dentro le teche è possibile ammirare una quantità indefinita di “santini” e schede precompilate di candidati di tutti gli schieramenti.

Una cosa da far ribrezzo anche al più paziente osservatore della nostra realtà .

Ero insieme ad amici che vivono tra la Lombardia e la Svizzera, seppur ‘ndigini calabrisi, riggitani puru iddhi.

Per un secondo, mi sono immedesimato in un turista proveniente da quelle stesse terre e….mi sintìa mali! Guardate queste foto, scattate poco dopo la mezzanotte di ieri:

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Tra i reperti profanati (ne abbiamo fotografasti solo tre, pirchì non ce la siamo sentita di infierire sui nostri stomaci, per via della digestione in corso), c’è anche la lapide che era posta sulla casa dell’artista, pittore e patriota Giuseppe Benassai.

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Una curiosa coincidenza. Sì, perché chi l’ha profanata, quella gioventù brusciata riggitana, di certo non voli beni assai alla sua città.

Chi scrive si augura e spera vivamente che a scaraventare quei “santini” dentro le teche siano stati appunto ciriveddhi micciu che non aivunu nenti i fari e non siano, invece, stati direttamente i vari candidati o loro incaricati. Sarebbe ancora peggio.

Il presidente Obama ha fatto un’affermazione che calza a pennello per la nostra società e mentalità riggitana. Suonava più o meno così: “Non basta cangiari i iocaturi. Aimu a cangiari u iocu!!”

Mi permetto di aggiungere: e non sulu u iocu aimu a cangiari, ma puru ‘a testa!

Altrimenti, resteremo sempre quei “cafoni” da civilizzare, di cui parlavano i piemontesi 150 anni fa subito dopo la proclamazione del Regno d’Italia.

E dopo 150 anni, non perdiamo occasione di dimostrare che quella scorza di cafonaggine si è proprio indurita, al punto da riuscire a diventare “cafuni ca scorcia”!

Se non cangiamu testa, resteremo cafoni, miserabili. E continueremo a rimanere nella polvere, proprio come quei “santini” caduti  che spuntano dai letti di sabbia di quelle teche, vetrine della nostra cocciuta inciviltà.