L’ospedale è aperto ma anche chiuso – by Pietro IV Bellantoni

 

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L’ospedale di Scilla chiude i battenti ma il governatore Scopelliti si ostina a parlare di “conversione” della struttura. Il nosocomio negli ultimi tempi è costretto a subire una inesorabile dismissione dei reparti e dei servizi sanitari principali. In pratica, l’ospedale non esiste più: chiusi i reparti di chirurgia, cardiologia, ginecologia, radiologia e ortopedia; trasferiti i medici e il personale sanitario. Anche il pronto soccorso è solo un ricordo, sostituito con un punto di primo intervento, capace di accogliere solo codici bianchi, cioè le situazioni cliniche meno complesse. A Scilla si può andare se ci si sbuccia un ginocchio, per tutti gli altri casi più gravi il personale medico non è in grado di intervenire. Braccio armato di questo smantellamento indiscriminato è Rosanna Squillacioti, Direttore Generale dell’Asp di Reggio Calabria designata da Scopelliti per l’attuazione del piano di rientro.

Inutile sottolineare i rischi per la salute pubblica derivanti da queste scelte, considerato che lo “Scillesi d’America” è collocato in una posizione strategica, capace di offrire servizi sanitari per gli abitanti delle zone aspromontane e dello Stretto. Si parla di un bacino d’utenza di circa 55 mila persone, in un territorio che, secondo alcuni dati del piano sanitario regionale, soffre di un 31% di posti letto in meno rispetto a quelli necessari.

Ma la nuova retorica della giunta regionale riesce a far passare una catastrofe sanitaria per un successo politico. Si è espresso in questi termini il governatore, durante la conferenza stampa del 17 settembre, convocata proprio all’interno del presidio scillese al fine di fare chiarezza sul futuro dell’ospedale. “Il piano di rientro – ha detto Scopelliti alla presenza della Squillacioti, dell’onorevole Francesco Nucara e dei consiglieri regionali Luigi Fedele e Antonio Rappoccio – ci impone determinate scelte: l’ospedale di Scilla verrà potenziato attraverso una serie di servizi utili per la collettività. Miglioreremo l’offerta ospedaliera, perché il nostro obiettivo è costruire un modello di sanità vincente”. Il governatore ha promesso 30 posti per dializzati, più di 16 ambulatori specialistici, il potenziamento della riabilitazione cardiologica e la nascita del primo centro regionale di prevenzione ginecologica. Il tutto alla presenza dei sindaci di Scilla e dei paesi limitrofi che – senza abbozzare alcun tipo di opposizione e senza tener conto delle virulente proteste della gente che manifestava fuori del presidio – si sono rimessi sostanzialmente alla benevolenza del presidente della giunta. Ma di accordi scritti e garanzie concrete per il futuro neanche l’ombra.

Il presente registra invece una realtà drammatica, ben riassunta dalla testimonianza di un medico del 118, raccolta da La Gazzetta del Sud: “Lavoriamo senza avere assolutamente le spalle coperte. Una signora aveva una ferita alla testa, io l’ho suturata ma non ho potuto completare il mio lavoro. Aveva bisogno di una Tac: l’ho prescritta ed è dovuta partire da Scilla verso Reggio. Nulla di grave in quel caso. Ma davanti a un trauma più serio? Davanti a un infartuato o a un paziente colpito da ictus?”. Lo “Scillesi” non è più in grado di fornire l’assistenza necessaria ai malati più gravi.  Questo stato di cose inevitabilmente comporterà un aumento del flusso di pazienti verso il già congestionato “Riuniti” di Reggio, decretando rischi altissimi per la salute pubblica.

Chissà cosa avrà pensato l’on. Francesco Nucara, strenuo difensore del nosocomio scillese e membro della commissione parlamentare sugli errori sanitari presieduta da Leoluca Orlando. Proprio la bicamerale, nella relazione finale sullo stato della sanità in Calabria presentata il 14 luglio, chiede alla Regione di valutare l’effettiva necessità di chiudere l’ospedale di Scilla. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il pidiellino Giovanni Nucera, segretario-questore del consiglio regionale: “I risultati positivi del presidio ospedaliero scillese confermano la necessità di mantenere attivo un ospedale che, nel corso del 2010, ha incrementato il suo volume di attività del 20%. È chiaro che ci troviamo di fronte a una struttura che si è dimostrata in grado di dare risposte alle esigenze di una vasta comunità di residenti”. Dunque, lo “Scillesi” non rientrava nella categoria “rami secchi” da potare a ogni costo per rispettare il piano di rientro. Invece, con una mossa da vero prestigiatore, il governatore è riuscito a seguire (apparentemente) i consigli della commissione d’inchiesta e al tempo stesso a strizzare l’occhio a una parte del suo elettorato. Più che logiche di risparmio e razionalizzazione dei costi, probabilmente a prevalere sono state logiche politiche poco chiare. Non è un mistero per nessuno infatti che la chiusura di una struttura pubblica come quella scillese inevitabilmente determinerà degli indubbi vantaggi per le molte cliniche private presenti nel territorio reggino. E, forse, i progetti relativi alla riorganizzazione sanitaria del territorio rappresentano una delle chiavi alla base del successo elettorale del centrodestra.

Lo “Scillesi”, evidentemente, non ha sponsor politici all’altezza della missione. “L’ospedale non chiuderà”, ha promesso il governatore. Nel frattempo, però, è chiuso.

 

Articolo originale: L’ospedale è aperto ma anche chiuso by Pietro Bellantoni