OSPEDALE “SCILLESI D’AMERICA”…MILLE GIORNI CHE TI ABBIAMO PERSO…

Ormai è prassi consolidata che i politici di turno che rivestono cariche istituzionali, tirano le somme sul loro operato dopo un tot di tempo. Il Premier Renzi ne è divenuto il maestro, in 1.000 giorni avrebbe cambiato l’Italia, nel nostro piccolo territorio anche il Sindaco Ciccone del Comune di Scilla ha tirato pubblicamente le somme dei suoi primi 100 giorni da primo cittadino.

Ma per una volta lasciate a noi cittadini il (dis)gusto di tirare le somme di ciò che voi amministratori avete realmente fatto per noi, lasciateci la libertà di urlarvi come ci avete ridotto! Ovviamente gli argomenti ed i calcoli matematici da fare sarebbero tanti, ma da cittadina calabrese vorrei tirare le somme dei primi 1.000 giorni senza l’Ospedale “Scillese d’America”!.

In mille giorni di chiusura del nosocomio scillese, quanti disagi, quanti ritardi nel curare e salvare vite umane, si sono susseguiti? Quando downloadsento o leggo di trasformare l’Ospedale di Scilla in casa di cura (quando? come? e perché?) mi viene in mente, come un metaforico paradosso, la legge Merlin, che chiuse i bordelli e le prostitute si sono riversate per le strade. Qual è l’assioma? Si chiude l’Ospedale scillese ed i malati vengono parcheggiati nei corridoi ed in ogni angolo dell’Ospedale Riuniti di Reggio Calabria e ci rimangono anche giorni in attesa di essere curati, e non per colpevolezze dei medici, ma perché il Riuniti non ha più la capacità contenitiva e di risposta ai bisogni dei malati ed i medici sono cristi in croce, in attesa della resurrezione, in attesa che chi di dovere pone fine a questa vergogna!

Mille giorni che ti abbiamo perso “Scillesi d’America” e con te abbiamo perso la dignità di essere curati dignitosamente in un letto…e non in una fredda barella in un triste corridoio! E’ ovvio che gli attuali amministratori calabresi hanno ereditato questa situazione, come un vergognoso cimelio se lo tramandano da legislatura in legislatura ed è una grande fatica ogni volta, scaricare e caricare i barili sulla stampa, sui convegni, sugli incontri pre-elettorali!

Siamo stanchi di essere offesi nella nostra intelligenza e nel giocare con il diritto sacrosanto alla salute!

A quanti proclami abbiamo assistito, a quante promesse strappa applausi! Il politico di turno propone, dispone, piazza i birilli a proprio piacimento, poi esce di scena, magari x problemi di giustizia o perché non viene rieletto, ma prima fa strike con la boccia, porta il punteggio al tavolo Massicci e viene promosso.

Malati, sofferenti, bisognosi di cure a lunga degenza…tutti rimandati! E si perché nei piani di rientro contano i numeri non le persone, ma se la logica ladrona e degli sprechi non fosse più importante delle persone, oggi non ci sarebbe nessun piano di rientro! Non solo siamo stati derubati dei soldi che servivano a garantire il nostro diritto alla salute da logiche lobbiste e ingorde, ma vi siete accorti su cosa è improntato il piano di rientro sanitario calabrese? Rientrano i nostri soldi e ci buttano fuori dagli ospedali, ci fanno pagare il dazio sui farmaci, e molti ausili o materiale sanitario per i malati cronici che vivono nelle loro case, vengono messi a carico dell’ammalato!

Che il Premier Renzi abbia affermato che in 1.000 giorni cambiava l’Italia e che nessuno ovviamente ci ha creduto, non deve toglierci la speranza di voler credere che in Calabria, agli sbagli della politica, agli sprechi atavici, non ci si provveda chiudendo ospedali, riducendo personale medico, ausili, materiali salva vita, fareste prima ad uccidere i malati, perché tanto forse non ce ne stiamo accorgendo, ma in Calabria non c’è il sistema sanitario, ma c’è un sistema sanitario da olocausto. I malati di razza pura, i protetti, quelli che non avvertiranno mai la mala sanità per i ruoli che rivestono e che tanto seppur sbagliano ad ingranare il sistema la cosa non li tocca; ed i malati di razza non pura, che sono la maggioranza, quelli che pagano le tasse per un servizio sanitario a cui non interessa nulla di loro, come se alzando la manica della camicia per misurarti la pressione sanguigna, prima si accerta se sono marchiati!

Ma sappiate che la colpa non è solo dell’incapacità politica della classe calabrese, ma anche di tutti quelli che per sostenere l’incapace, ha steso tappeti rossi al suo passaggio, ha chinato il capo per proselitismo e servilismo, insomma, tutti voi, che siete in mezzo a noi, che anche quando il gallo ha cantato tre volte la vostra coscienza non vi ha minimamente pervaso, sappiate che avete uguali responsabilità, i cittadini non dimenticano, i cittadini ammalati non dimenticano!

E sono certa che vista la vostra sfacciataggine, per accaparrarvi i voti degli ammalati arrabbiati, nelle future elezioni che avverranno, metterete la vostra foto pubblicitaria nelle bottiglie dell’acqua fisiologica, nelle buste dei cateteri vescicali, farete scrivere i vostri slogan nella confezione delle siringhe…Spero vivamente che prima che la vostra pseudo dignità arrivi a tanto, il popolo calabrese apra gli occhi ed insorga e sappia riconoscere chi “Ab equinis pedibus procul recede” (Anche quel che cadde da cavallo, disse che voleva scendere).

Silvana Ruggiero

L’intervento che avete appena letto, ci fa tornare in mente ‘na canzuna:

Cinque giorni che ti ho perso
mille lacrime cadute
ed io
inchiodato a te

….

perché quando tu sei ferito non sai mai
oh mai
se conviene più guarire
o affondare giù
per sempre

…..

e proprio io che ti amo ti sto implorando
aiutami a distruggerti.

Accussì cantava Michele Zarrillo in una canzone di qualche anno fa. E’ ‘na canzuni evidentemente scritta per dimenticare un amuri finutu.

Dalla chiusura dell’ospedale, di giorni ne sono passati 200 volte in più rispetto a quelli della canzone e, a rileggere la storia dell’ospedale di Scilla, sembra proprio che quell’amore con cui i nostri concittadini d’oltre Atlantico avevano realizzato la struttura che, ancora oggi, porta il loro nome, quell’amore dicevo, sia svanito, distrutto da coloro –cioè noi scigghitani indigeni- che per primi avrebbero dovuto coltivarlo e mantenerlo.

E’ vero che si dice: canta, chi ti passa. Ma, sinceramente, nonostante proviamo pure a cantare, ‘sta malatia ru ‘spitali non ndi passa.

Un antico detto nostrano recita: o cantu o levu ‘a cruci.

Al contrario del finale della canzone, c’è chi non vuole essere aiutato a distruggere questo prezioso dono ricevuto più di sessant’anni fa (era il 1952 quando tutto ebbe inizio!). Anzi, non canta affatto, perché il fiato che ha lo deve utilizzare mi leva ‘a cruci. Son passati mille giorni dalla CHIUSURA dell’ospedale scillese, mille giorni che i malati di tutta la provincia di Reggio, sono costretti a livari ‘a cruci, una croce che è divenuta ancora più pesante di quanto già non fosse.

Dopo il movimento popolare di qualche anno fa, che era sfociato in delibere di consiglio comunale e proposte di legge per consentire l’accorpamento funzionale dello “Scillesi d’America” ai “Riuniti” di Reggio –che stanno letteralmente scoppiando, perché la “scatola” è troppo piccola per contenere la gran parte dei malati della provincia- tutto si è fermato. Quella proposta giace ancora in qualche cassetto impolverato del Consiglio Regionale, in attesa che “passi ‘a nuttata”, cioè si esca dal Piano di Rientro.

Ogni tanto, escono voci e proposte isolate, come quella fatta di recente dal sindaco Falcomatà, secondo il quale Reggio ha bisogno di un altro ospedale. Non credo vi sia alcuna necessità di spendere altri soldi, bastano e avanzano gli 80 milioni di euro per la costruzione del nuovo ospedale della Piana, per la quale la Regione si è impegnata con la Cassa Depositi e Prestiti per i prossimi tre decenni (se bastunu).

Non serve spendere tanto: basta riorganizzare i Riuniti, decongestionandoli da un affollamento indegno perfino di un campo profughi, figuriamoci per i malati. Basta guardarsi attorno: Scilla ha a disposizione una struttura di sei piani, rimasta quasi vuota, che può tranquillamente essere riorganizzata –e migliorata- perché possa essere funzionalmente legata all’ospedale reggino. Non servirebbero né gli 80 milioni previsti per la Piana, né tanto meno i 7-8 milioni di euro necessari per la prevista “riconversione” a Casa della salute, provvedimento attuato in modo illegittimo (c’è un ricorso che “dorme” al TAR, a causa della chiara ed innegabile –seppur abilmente mascherata agli occhi dei poco attenti- mancanza di volontà politica della passata amministrazione scillese.

Il nuovo Commissario per il Piano di Rientro, Scura, sembra avere intenzione di mettere mano al “modello Scopelliti” riguardo alla sanità calabrese, per cambiarlo in maniera profonda ed incisiva. Ci auguriamo che questa intenzione non rimanga solo una manifestazione d’intenti, ma possa trovare concreta attuazione, così da portare un minimo di razionalità in una sanità calabrese che continua a navigare in acque agitate.

Intanto, nella perdurante immobilità della politica, gli unici a far sentire la loro voce continuano ad essere i cittadini/utenti delle strutture sanitarie nostrane. Tra coloro che, come noi  gridano nel deserto –comu tanti San Giuvanni– e continuano mi levunu ‘a cruci, registriamo l’intervento della Signora Silvana Ruggiero la quale, con molta rabbia (pienamente giustificata e condivisibile) e non poca ironia (è sempre meglio ridere, per non piangere), ha messo in risalto il raggiungimento di un poco invidiabile traguardo: 1000 giorni senza ospedale.

Noi, come la Signora, al contrario di Zarrillo, siamo più che decisi: pensiamo che conviene più guarire anziché affondare giù per sempre e imploriamo chi di dovere a svegliarsi dal torpore a aiutarci concretamente a non distruggere completamente la sanità calabrese.