SCILLA: LE COLPEVOLI AMNESIE SCIGGHITANE E LA RIBELLIONE DELLA NATURA

11 mesi. 11 mesi esatti dal 16 luglio dell’anno scorso, quando Scilla balzò agli onori delle cronache nazionali per i danni sofferti a causa di una bomba d’acqua, che provocò l’allagamento della via Marina e il trasporto a valle di detriti di varia natura.

L’anno scorso il tempestivo intervento delle autorità (Sindaco, Protezione Civile, Prefettura, Esercito, ecc.), consentì di ripristinare la viabilità e la sicurezza del costone sottostante piazza San Rocco. Nei giorni a seguire, fu proprio il responsabile della Protezione Civile calabrese, Carlo Tanzi, ad eseguire un sopralluogo lungo l’asta fluviale del torrente Livorno e a….scumbigghiari l’altarini.

Tanzi, infatti, mise a nudo le pur evidenti (agli occhi dei non scillesi) deficienze nell’esecuzione dei lavori di copertura del torrente medesimo e indicò fin da subito quali fossero le soluzioni più adeguate da mettere in atto.

Stamattina, dopo 11 mesi, tirituppiti e pani ‘rattatu! Guardo, di nuovo, sconsolato i video postati sui social dai residenti a Marina e di chi ha ripreso la spiaggia dalla piazza. Il commento più ricorrente è: <<Siamo alle solite!>>

Detriti, terra, petri, canni e ‘mmazzacani sparsi ovunque. Il mare, una chiazza marrone, trasportata dalle correnti a sbattere contro il castello.

Mi chiedo: dopo che si sono spenti i riflettori delle telecamere, dopo quei sopralluoghi dello scorso anno, cosa è stato fatto per risolvere l’annoso problema del torrente Livorno? E, se è stato fatto qualcosa, lo si è fatto come si doveva? Evidentemente la risposta a entrambe le domande è una sola: no, se i risultati sono questi.

Un vecchio detto scillese recita: ‘u mari, chiddhu ch’è ‘u soi, s’u pigghia. Beh, questo detto vale anche per i torrenti: puru ‘a sciumara, chiddhu ch’è ‘u soi s’u pigghia.

Gli antichi non avevano l’istruzione, magari, ma di buon senso ne avevano da vendere, e se hanno coniato questo detto, è perché hanno vissuto esperienze simili, spesso tragiche, che sono servite da insegnamento, almeno per loro.

Per noi no, evidentemente.

Un altro elemento da non dimenticare, infatti, è che in realtà il vero nome del torrete oggi chiamato Livorno, era anticamente “Torrente li Urni“. Il nome antico indicava, infatti, la presenza lungo l’asta fluviale di “urne” d’acqua, cioè di tratti nei quali l’acqua si raccoglieva a formare delle piccole vasche naturali.

In più, tra il Rione Spirito Santo e Largo San Nicola, vi è via Gornelle (in dialetto la ziona è indicata spesso come “e Urneddhi”, ovvero piccole “urne”).

Già solo l’antica toponomastica, dunque, ci indicava che la zona del torrente che sfocia sulla spiaggia è ricca di acqua. L’abbiamo modificata e, peggio ancora, dimenticata. Il nome “Livorno”, non è dovuto ad alcun collegamento tra Scilla e la città Toscana, è soltanto la stupida italianizzazione di “li Urni”.

Ma l’acqua, può essere portatrice di vita e di ricchezza se sfruttata e regolata adeguataente, come può trasformarsi in arma estemamente dannosa, ogni volta che la Natura si ribella alla stupidità dell’uomo moderno.

Vorremmo, una buona volta per tutte, che la si smettesse con queste colpevoli “amnesie” riguardo al passato, alla nostra storia. Forse ci aiuterebbe a non dover più essere costretti a subire e contare i danni con una regolarità che è divenuta molto preoccupante, mettendo in atto i rimedi necessari.