A costo di essere apparso dannatamente testardo

Ricordo come fosse ieri il giorno in cui acquistai Febbre a 90° di Nick Hornby. Divertito dal film, decisi di tornare al libro da cui era stata tratta la storia. Non conoscevo Hornby, ma mi piaceva la Premier League e mi piaceva anche la figura di quell’insegnante di letteratura inglese, arruffato, cinico e completamente fuori dalla realtà perché di realtà ne conosceva una sola: l’Arsenal. Sono passati anni da quella lettura distorta. Distorta perché a me interessava quello che si diceva dell’Arsenal, non tutto ciò che vi ruotava attorno. In attesa di andare a riprendere quel libro come si deve, ho posizionato sullo scaffale Alta fedeltà, invidioso del comodino di un’amica dove qualche settimana l’avevo visto appoggiato. In questo romanzo a reggere il gioco non è di certo il calcio ma ben altri elementi: la musica pop, i dischi, le top five (i migliori dischi, i migliori singoli, i migliori film, i migliori libri e via dicendo), i pub, i concerti, le riviste di nicchia. Nel mezzo di tutto ciò (dimenticavo, c’è una donna, Laura, due strani tipi, Barry e Dick, una mezza dozzina di ex e una cantante americana), c’è Rob e la sua alta fedeltà per il proprio mondo, fatto di determinate cose delle quali è impossibile fare a meno. Quello che mi ha lasciato questa piccola storia è l’odore familiare di tutto ciò che mi appartiene e del quale, spesso, mi è accaduto di dimenticarmi. Non parlo di cose materiali in senso stretto; parlo del mio essere me, del mio essermi messo da parte per far spazio a ciò che incombeva nel presente. L’alta fedeltà a cui Rob tiene tanto è, in fondo, una forma di resistenza all’invadenza dell’‘altro’ nella nostra vita (per l’‘altro’ intendo una donna, il lavoro, i consumi, le preoccupazioni). Rob con l’‘altro’ (Laura, appunto) alla fine arriva a un accordo, non senza però avervi opposto prima una sana resistenza: per difendere il proprio mondo, a costo di essere apparso dannatamente testardo, ottuso, chiuso o, semplicemente, poco cresciuto.

Immagino che, volendo, si potrebbe considerarla amarezza. Io non credo di essere amaro, ma certo sono deluso di me; pensavo a questo punto di meritare qualcosa di più, ma forse anche la delusione è un po’ a sproposito. Non è solo per il lavoro; così come non è solo per il fatto di avere trentacinque anni suonati e di non avere una donna, benché siano tutte cose che non aiutano. È che… oh, non so. Avete mai guardato una vostra foto di quando eravate ragazzini? O le foto d’infanzia della gente famosa? Secondo me sono immagini che possono o intristire o rallegrare. C’è una foto stupenda di Paul McCarthy da bambino, e la prima volta che l’ho vista mi ha messo addosso una certa allegria: tutto quel talento, tutti quei soldi, tutti quegli anni di serena vita famigliare, un matrimonio solido come una roccia e dei bambini deliziosi, e lui ancora non sapeva niente. Ma poi ci sono altre foto – quelle di JFK e quelle di tutte le rockstar morte e strippate, gente che è impazzita, gente che ha dato fuori di brutto, gente che ha ammazzato, che ha reso infelice se stessa e gli altri in modi troppo numerosi per elencarli – e pensi: Stop! Alt! Fermiamoci qui, che meglio di così non sarà mai!
Nell’ultimo paio d’anni, le fotografie di me da ragazzino, quelle che un tempo non volevo che le mie fidanzate vedessero… beh, hanno cominciato a farmi venire un certo pizzicorino. Non si tratta di vera e propria infelicità, è una specie di sommesso, profondo rammarico. Ce n’è una in cui ho un cappello da cowboy e punto il fucile verso l’obiettivo, cercando invano di sembrare un cowboy, adesso quasi non riesco a guardarla. Laura mi trovava dolce in quella foto (usava proprio questo ggettivo! Dolce, il contrario di amaro) e l’aveva attaccata in cucina, ma io l’ho rimessa in un cassetto. Continuavo a provare l’impulso di scusarmi con quel piccoletto: « Mi spiace, ti ho abbandonato. Avrei dovuto aver cura di te, ma ho fallito: ho preso le decisioni sbagliate nei momenti sbagliati, e così tu sei diventato me ».


Nick Hornby
Alta fedeltà
Guanda – Le fenici tascabili
2009
pp. 253 – euro 8,00


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