Orologio da taschino

Roma è incerta in questa mattina di fine febbraio. Non sa se spogliarsi e abbandonarsi alla primavera, o restare ancora abbottonata, perché l’inverno, in fondo, da queste parti è comunque una stagione piacevole. Mi sono ritrovato per puro caso a guardare un film del quale la mia striminzita cultura cinematografica ignorava l’esistenza. Si chiama “Che ora è”, protagonisti sono Marcello Mastroianni, avvocato d’assalto, padre di Massimo Troisi, laureato in lettere, in servizio di leva a Civitavecchia, appassionato di libri, cose semplici e “vita manuale”. Il tempo scorre in questo film come le lancette di un vecchio orologio da taschino, forgiato in argento e con le istruzioni in francese all’interno. Ma l’orologio, che dal nonno ferroviere è passato prima al figlio e poi al nipote, non è solo un vecchio cimelio del quale custodire un caldo ricordo. È piuttosto la differenza tra due uomini che in realtà non si conoscono, e che trovano in una fosca giornata di tardo autunno l’onestà di guardarsi in faccia e dirsi pian piano delle verità. Così il padre comprende a fatica che al figlio non servono né un attico al centro di Roma, né una bella macchina, né una full immersion negli Stati Uniti per diventare un grande scrittore. E il figlio, non senza timori, spiega al padre tutte queste cose. È, quest’orologio, d’altronde, il punto di incontro tra due mondi lontani, il luogo in cui si eliminano due difficoltà: quella che un padre prova nel non capire il proprio figlio e, al contempo, quella che prova un figlio nel tentativo di mostrarsi diverso da come lo vorrebbe il proprio padre. “Abbiamo parlato di tutto pur di non parlare di niente”.

Che ora è
Ettore Scola
1989 – durata 95 minuti


read full article